Introduzione (*)

(*) I testi qui riportati sono tratti dal libro "Fratricidio!", scritto da Pietro Giulio Oddone e Carlo Viale, edito da NovAntico.


    Sono trascorsi cinquantatré anni (nota: cinquantasei per chi legge nel 2001) dal termine del 2° Conflitto Mondiale, ma per chi cerca di approfondire la conoscenza e fare luce sulla realtà dei fatti di quell'epoca ormai lontana pare che il tempo si sia fermato a quei tragici giorni.
    Se si facessero ricerche nella zona del Trentino per rintracciare Caduti austro-tedeschi risalenti alla I Guerra Mondiale, si avrebbe sicuramente tutto l'aiuto e la collaborazione possibile dalle popolazioni italiane di quei luoghi.
    Nel caso della II Guerra Mondiale, e più precisamente nel periodo settembre 1943-aprile 1945, tutto è diverso.
    Se si richiedono notizie relative ai Caduti della R.S.I. si trova diffidenza, sospetto, paura.
Spesso questo atteggiamento è tenuto anche da uomini di chiesa, sacerdoti, parroci, vescovi, che invece di adoperarsi per placare l'odio ancora esistente tra l'uno e l'altro schieramento, di lenire il dolore ancora vivo in chi, in questa tremenda guerra civile, ha perduto persone care, assumono spesso un atteggiamento alla Don Abbondio, preoccupati della propria tranquillità.
    Nonostante ciò, c'è chi vorrebbe sapere, non per spirito di vendetta, ma perché ritiene giusto che si riconoscano non solo i meriti, come sta avvenendo da 50 anni, ma anche i demeriti dei vincitori, demeriti messi bene in evidenza quando questi vengono imputati ai vinti.
    Quanta amarezza per chi come noi cristiano e cattolico compie queste ricerche nel nome della verità, della verità per cui un frate francescano cappellano militare, valente scrittore e giornalista, Fra' Ginepro, primo fra tanti, ha speso buona parte della sua vita.
    Cerchiamo di spiegare il motivo di ciò: la II Guerra Mondiale, nel suo lungo protrarsi, è andata via via trasformandosi da guerra di conquista a guerra ideologica. L'Inghilterra che aveva certo più affinità culturali e sociali con la Germania che non con l'Unione Sovietica, aveva preferito proseguire la guerra al fianco di quest'ultima, vincendo il conflitto mondiale, ma perdendo l'impero e la supremazia politica nel mondo. La concezione occidentale del mondo e della vita era culturalmente difesa dalle potenze dell'Asse e non dall'assurda alleanza tra il comunismo sovietico e il capitalismo americano.
    Guerra ideologica, quindi chi vince prende tutto e per chi perde non vi è e non vi deve essere più storia.
    Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica si spartirono il mondo, l'Inghilterra fece buon viso a cattiva sorte e le nazioni che componevano l'Asse divennero colonie economiche e politiche dell'uno o dell'altro dei vincitori.
    Per togliere agli sconfitti ogni velleità di rivalsa si è provveduto ad un'opera di convincimento e ad un'azione di propaganda costante e martellante utilizzando tutti i mezzi di informazione possibili, da parte di quei personaggi che all'interno delle nazioni sconfitte, avevano tratto vantaggi dalla disfatta della loro Patria.
    Non è poi così difficile rendersi conto che da più di mezzo secolo, ogni giorno, con tutti i mezzi, si vogliono ricordare le atrocità commesse dai vinti. Più difficile è dimostrare come vengono nascoste le atrocità commesse dai vincitori. I muri dell'omertà e del silenzio non sono facilmente sfondabili.
    Come si può ignorare che Inghilterra e Francia dichiararono guerra alla Germania con il pretesto dell'invasione di questa alla Polonia, ma non all'Unione Sovietica che aveva fatto altrettanto e contemporaneamente dall'Est. E come si spiega che da quel momento in poi tutto viene concesso all'U.R.S.S., niente le viene più contestato, Stalin è un buon alleato, Hitler è un pazzo criminale.
    Diecimila ufficiali polacchi, il fior fiore della tradizione e della cultura di un popolo, vengono massacrati dai russi nella foresta di Katyn'. Nel 1943 una commissione internazionale stabiliva che la responsabilità era da ascriversi ai sovietici ma dalla fine della guerra sino alla caduta del muro di Berlino, la verità ufficiale parla di eccidio nazista.
    E' certamente vero che la politica razziale del nazionalsocialismo e le aberranti atrocità commesse sugli ebrei d'Europa sono una macchia incancellabile per la Germania nazista, ma è altrettanto vero che tutto ciò è servito da pretesto per zittire coloro che sono a conoscenza di atrocità commesse dagli eserciti alleati e ne avrebbero potuto parlare.
    Ecco quindi che, col pretesto di una realpolitik, il martirio del popolo ebraico ha costituito per i vincitori un comodo paravento ai massacri, perpetrati dai comunisti, di milioni e milioni di uomini prima e dopo la II Guerra Mondiale, il cui numero supera di gran lunga, nello spazio e nel tempo, quelli dei nazisti: evidentemente, i morti per mano comunista sono più giustificabili dei morti per mano nazista; l'uccidere nel nome della razza è meno giustificabile che uccidere nel nome dell'ideologia.
    Approfondendo l'aspetto più strettamente militare del conflitto è significativo notare come vengano costantemente ricordati i Caduti per causa delle rappresaglie tedesche (senza mai accennare a quelle americane, e ve ne furono specie nell'Italia meridionale) e si sorvola tranquillamente sui bombardamenti angloamericani che uccisero nelle varie nazioni dell'Asse oltre 3.500.000 civili.
    E' assolutamente antistorico non ricordare che nella sola provincia di Genova persero la vita oltre 9.000 persone per causa di incursioni aeree e soprattutto che tali incursioni vennero effettuate prevalentemente dopo l'8 settembre 1943, quindi quando l'Italia era virtualmente alleata con gli angloamericani.
    Le donne, i vecchi, i bambini, i civili schiacciati sotto le macerie delle loro case superano in numero quattro volte i tanto celebrati caduti della Resistenza, ma per loro, morti scomodi, resta soltanto l'oblio.
    Solo recentemente si è scritto che quasi un milione di prigionieri tedeschi vennero fatti morire, a guerra finita, nei soli campi di prigionia alleati, ma nessuno parla dei campi di concentramento americani ed inglesi dove vennero rinchiusi i prigionieri della R.S.I. e dove essi patirono sotto il controllo alleato, fame malattie e morte.



    Sono dovuti trascorrere oltre cinquanta anni per far ammettere una sacrosanta verità che, in Italia, dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 (ed oltre) si è combattuta una feroce guerra civile, parallela alla guerra che si combatteva sulla nostra penisola.
    Ognuno di noi può ricordare parenti, o amici, se non fratelli o cugini che militarono nei due schieramenti e ciò a dimostrazione che si trattò di guerra civile.
    Il dramma che si svolse in quel tragico 8 settembre 1943 e costrinse tanti Italiani ad operare una scelta dopo quel malaugurato proclama di Badoglio e voluto dal Re, è facilmente immaginabile da chiunque abbia anche un minimo senso dell'onore e di coscienza nazionale.
    Obbedire al Re e puntare le armi contro i tedeschi o rimanere fedeli al patto di alleanza e continuare a combattere con chi, come diceva una canzone di guerra, divideva pane e morte con noi da ormai tre anni di dura guerra.
    Si è creato il dogma del "tedesco invasore" per giustificarne la scelta degli uni e colpevolizzare gli altri etichettandoli di "collaborazionismo", ma come può divenire invasore un esercito da noi stessi chiamato per sopperire alla nostra impotenza contro le armate angloamericane? E' sufficiente per un popolo cambiare governo per ribaltare una situazione tanto compromessa? Può una firma su di un trattato cancellare tre anni di sacrifici e di sangue?
    Agli alleati è convenuto demonizzare gli sconfitti per giustificarne i loro comportamenti ed ergersi a liberatori nascondendo i reali motivi della guerra da loro voluta e vinta per ragioni economiche e di mercato.
    Agli Italiani antifascisti è convenuto demonizzare gli sconfitti per giustificare l'osceno ribaltone dettato da sete di potere e di rivincita.
    Ai comunisti che consideravano utili idioti i suddetti antifascisti da sfruttare finché facessero comodo, è convenuto demonizzare gli sconfitti per nascondere le orrende stragi da loro compiute ed i metodi da loro adottati che costarono infinite sofferenze.
    Un altro falso dogma è stato inculcato nella mente degli Italiani: i partigiani combattevano per la libertà. Vi è un dato sul quale tutti concordano: circa il 70 per cento dei partigiani erano comunisti; visto però che essere comunisti negli anni 1943-1945 voleva dire seguire le direttive di Stalin, significa che questi combattevano per instaurare una dittatura ben più feroce di quella fascista.
    Il loro sogno fortunatamente non si avverò, perché il trattato di Yalta assegnò l'Italia al mondo occidentale ben al di qua della cortina di ferro: in caso contrario la nostra sorte sarebbe stata segnata e non sarebbero certo riusciti ad impedirla i partigiani bianchi: Porzus insegna.