(*) I testi qui riportati sono tratti dal libro "I Caduti della R.S.I. - Genova - Volume I", scritto e edito dall'Associazione Amici di Fra' Ginepro.
Descriviamo sommariamente l'origine, lo sviluppo e l'organizzazione dello schieramento partigiano, suddividendolo in:
1)Le
formazioni di montagna
2)I
G.A.P.
3)Le
S.A.P.
In teoria tutte le formazioni,
tranne i G.A.P. come spiegheremo in seguito, dipendevano dai Comandi Militari
clandestini, a loro volta coordinati dai Comitati di Liberazione presenti
in ogni provincia.
In realtà questa struttura
funzionò poco e male per diverse ragioni: gelosie e contrasti tra
i vari partiti antifascisti rappresentati nei C.L.N. e nei Comandi; spiccata
indipendenza dei vari comandanti di formazione; difficoltà di comunicazione;
numerose e devastanti retate delle polizie della R.S.I. e tedesca tra gli
appartenenti a queste organizzazioni clandestine. Vittime soprattutto i
non comunisti, che avevano poca esperienza di clandestinità.
I primi gruppi di partigiani presenti nel territorio della provincia di Genova o in località immediatamente confinanti furono, nel settembre-ottobre 1943 i seguenti:
1) gruppo di Pian Castagna (Ponzone) nell'Appennino Ligure-Alessandrino. Era composto da 12 uomini dei quali 9 stranieri ex-prigionieri di guerra. Tale gruppo era comandato dal comunista Walter Fillak
2) gruppo del Monte Porale (Ronco Scrivia). Era composto da 12 uomini dei quali 8 ex-prigionieri di guerra sovietici, uno slavo, tre italiani, tra questi il comandante Giuseppe Merlo, tenente degli alpini
3) gruppo situato nell'entroterra di Lavagna. Composto da 13 uomini, due dei quali inglesi. I responsabili erano Giovanni Sanguineti e i fratelli Eraldo e Italo Fico
4) gruppo di Favale di Malvaro. Composto da una decina di uomini, guidati da Giovanni Battista Canepa
5) gruppo delle alture di Voltri. Composto da una quindicina di uomini, alcuni stranieri, sarà eliminato da un rastrellamento in zona effettuato da militari tedeschi a novembre
Tra novembre 1943 e febbraio 1944 la situazione evolveva così:
1) ai Laghi della Lavagnina sull'Appennino Ligure-Piemontese, in provincia di Alessandria, si attestava una banda di dieci uomini, comandata dal capitano del 3° Reggimento Alpini Edmondo Tosi, che spesso operavano in provincia di Genova
2) la banda di Walter Fillak si fondeva con la banda suddetta
3) la banda del tenente Merlo cresceva fino a 35 uomini, ma l'8/12/1943 si sciolse. Merlo e parte degli uomini, tra i quali i sovietici, si spostavano in provincia di Alessandria (Bosio-Voltaggio), altri si univano al capitano Tosi. In questa zona rimase quindi soltanto la formazione di Tosi che contava una quarantina di partigiani e venne denominata 3° Brigata Garibaldi Liguria. Questa formazione fu responsabile dell'efferato eccidio di 8 avvistatori che prestavano servizio, completamente disarmati, a Monte Zuccaro, sopra Pietrabissara, il 12/1/1944. Tra i comandanti di distaccamento di questa banda vi erano Giacomo Buranello e Walter Fillak che spesso lasciavano la formazione per scendere a Genova ad effettuarvi azioni terroristiche, come vedremo oltre.
4) il gruppo situato nell'entroterra di Lavagna si ristrutturò e rinforzò: darà poi origine alla brigata "Coduri"
5) il gruppo di Favale di Malvaro a dicembre si fondeva con un gruppo di partigiani che si era formato nella prima quindicina di novembre a Cichero. Nasceva così una formazione di circa trenta uomini comandata da Aldo Gastaldi "Bisagno", sottotenente del 15° Reggimento Genio
6) nella zona di Monte Antola si attestava un altro gruppo guidato da "Edoardo", partigiano poi arrestato dai suoi compagni
Il suddetto "Edoardo", del quale la memorialistica partigiana non fornisce il nome, si renderà responsabile, tra l'altro, della sbrigativa soppressione del tenente colonnello Osvaldo Pompei, del Regio Esercito, paracadutato il 25/2/1944 sul Monte Antola, per partecipare alla guerriglia. Sorpreso dagli uomini di "Edoardo", nonostante le sue affermazioni e la possibilità di verificare rapidamente l'identità dell'ufficiale, che era atteso in una località molto vicina da altri partigiani, il Pompei fu fucilato come "spia fascista".
Nel marzo 1944 si ebbe un grande sviluppo delle bande partigiane nella zona ligure-alessandrina dove affluirono, sia dalla provincia di Genova che da quella di Alessandria centinaia di uomini, quasi tutti renitenti alla leva.
La 3° Brigata Garibaldi Liguria raggiunse i 570 uomini, dei quali solo 300 armati. La formazione era divisa in comando, 6 distaccamenti, 1 gruppo G.A.P. e l'intendenza
Si era inoltre costituita la Brigata Autonoma Alessandria, comandata dal capitano dei granatieri Gian Carlo Odino, che aveva fuso il suo gruppo con quello del tenente Merlo. Questa formazione contava circa 200 uomini, dei quali soltanto una quarantina erano armati. La formazione era suddivisa in tre "battaglioni"
Queste due formazioni furono pressoché totalmente annientate dal rastrellamento effettuato dal 6 all'11 aprile da circa 1800 militari tedeschi e italiani così suddivisi:
- 1400 circa tedeschi della
356° Divisione di fanteria, con una ventina di ufficiali, sottufficiali
e interpreti del Comando Polizia SS di Genova
- 400 circa italiani, componenti
in massima parte di due compagnie della G.N.R., una di Alessandria e una
di Genova, con poche decine di bersaglieri del III Battaglione del 3°
Reggimento, dislocati a Bolzaneto
Queste forze operarono nei
Comuni di Campomorone, Mignanego, Masone, Campoligure, Rossiglione, Busalla,
Ronco Scrivia, Isola del Cantone, Voltaggio, Tagliolo, Bosio, Ponzone.
I caduti partigiani furono
145, 368 i prigionieri. Le truppe operanti ebbero 4 morti (tre tedeschi
e un italiano, colpito per errore da militari tedeschi) e circa 15 feriti.
Anche nella Val Trebbia e
nel Chiavarese la primavera del 1944 vide un grande afflusso di giovani
nelle file partigiane, soprattutto dopo la caduta di Roma (giugno 1944)
che poteva far sperare in una rapida avanzata degli angloamericani.
A metà giugno in questo territorio si costituì
una nuova 3° Brigata Garibaldi Liguria, che contava circa 200
uomini. Nasceva inoltre la Brigata "Caio" che opererà soprattutto
sui monti di La Spezia.
Sempre a giugno i superstiti del rastrellamento
di aprile nella zona ligure-alessandrina tentavano di riorganizzarsi formando
la "Brigata Buranello" di circa 100 uomini. Si formava inoltre una
banda di circa 40 uomini, italiani e russi, denominata Banda italo-russa
di sabotaggio, poi assorbita in altre formazioni.
Ai primi di agosto 1944 si
ebbe una notevole ristrutturazione delle forze partigiane con la costituzione
della 3° divisione "Cichero", formata dalla 3° brigata,
poi denominata "Jori", dislocata nella zona Torriglia-Monte Antola
e la 58° poi denominata "Oreste", operante in Fontanabuona-Val
Trebbia. Si aggiunse poi la "Coduri", brigata di nuova formazione.
Nella zona Val Stura-Val Olba
si formava la divisione Ligure-Alessandrina, che operava anche nei
comuni di Arenzano e Cogoleto, oltre che a Voltri con la brigata "Buranello".
Questa formazione il 16/11/1944 prendeva il nome di "Mingo" per
ricordare il tenente della Regia Aeronautica Domenico
Lanza, partigiano caduto nell'ottobre 1944.
Erano sorti inoltre una formazione
G.L. e due battaglioni "Matteotti" operanti in Val Bisagno e
Fontanabuona.
In settembre la squadra
volante "Severino" della nuova 57° brigata "Berto" e in
ottobre il distaccamento "Balilla" della 3° brigata "Jori"
venivano incaricati di operare nell'immediata periferia cittadina: a Prato-Molassana
la "Severino" e a Bolzaneto-PonteX la "Balilla". Entrambe
le formazioni, particolarmente aggressive, saranno promosse al rango di
"brigata" solo dopo il 25 aprile 1945, essendo composte di poche decine
di partigiani e di qualche decina di elementi delle S.A.P.
Quando citeremo "Severino" e "Balilla"
le denomineremo sempre "formazioni" in quanto nelle fonti partigiane sono
citate con denominazioni diverse in relazione allo stesso periodo: distaccamento
volante, squadra volante, battaglione volante, brigata volante.
Il 4/11/1944 lo schieramento
partigiano registrava un notevole successo politico, militare e propagandistico
con la diserzione di ben trecento alpini del battaglione "Vestone" della
divisione "MONTEROSA". Cento di questi rimanevano nelle file partigiane
dando anche vita ad un distaccamento "Vestone".
Dopo i duri rastrellamenti dell'inverno 1944/45 che inflissero perdite e causarono forti sbandamenti nelle bande partigiane, a fine febbraio 1945 la situazione era la seguente:
1) la divisione
"Cichero" contava circa 2300 uomini ed era suddivisa in 5 brigate e
2 distaccamenti con le seguenti dislocazioni:
-
"Coduri":
zona chiavarese-spezzina (Castiglione Chiavarese, Nè, Sestri Levante,
Passo del Bracco, Varese Ligure ecc.) sarà trasformata in divisione
il 24 aprile 1945. Era la brigata più accesamente comunista di tutto
lo schieramento partigiano ed ebbe notevoli contrasti con i superiori comandi
-
"Berto":
Val d'Aveto, Fontanabuona
-
"Jori":
Massiccio dell'Antola, Casella, Savignone Busalla
-
"Oreste":
Val Brevenna, Val Borbera, Valle Scrivia
-
"Arzani":
operava nell'Alessandrino e nell'Appennino Pavese. C'erano inoltre le sunnominate
formazioni
"volanti": "Balilla" e
"Severino" alla periferia di Genova
2) la brigata "Caio" con circa 300 uomini, operava dal novembre 1944 in Val d'Aveto e in Val Trebbia, alle dirette dipendenze del Comando della VI zona operativa
3) la divisione "Mingo" aveva la brigata "Buranello" e le neo costituite "Pio" e "Oliveri" operanti in provincia di Genova: Val Stura, Val Polcevera, Valle Scrivia, Tiglieto, Arenzano, Cogoleto, Voltri. Le tre brigate contavano circa 300 uomini
4) la brigata "G.L." con circa 200 uomini era in fase di ricostituzione, perché completamente dispersa dal rastrellamento di dicembre. Tale brigata che operava in Fontanabuona e Val Trebbia ebbe gravi contrasti con le altre formazioni
5) i battaglioni "Matteotti-Val Bisagno" erano in via di costituzione sin dall'estate. Operavano nei comuni di Davagna, Bargagli e Lumarzo con circa 170 uomini
6) l'8/3/1945 dalla 3° divisione garibaldina "Cichero" si staccavano le brigate "Oreste" e "Arzani" che costituivano la divisione "Pinan-Cichero". Veniva poi costituita una terza brigata, la "Po-Argo", operante nel Tortonese
Queste formazioni erano appoggiate e talvolta rinforzate dalle "squadre di azione patriottica" di villaggio, delle quali parleremo oltre. Tale schieramento risulterà invariato fino al 25 aprile 1945, mentre i sedicenti partigiani si moltiplicheranno per dieci nel mese di maggio 1945, con la tacita approvazione dei partiti politici antifascisti, che volevano così creare il mito della Resistenza come "guerra di popolo", da essi condotta, per giustificare la loro arrogante, inefficiente e interessata egemonia sulla cosa pubblica italiana.
I G.A.P., Gruppi di Azione
Patriottica, erano nuclei di terroristi, formati da tre o quattro elementi
di provata fede comunista, spesso reduci della guerra di Spagna o già
appartenenti a formazioni similari del Partito Comunista Francese.
I vari G.A.P. di una città
non erano collegati tra di loro, solo il comandante era in contatto con
la direzione cittadina del P.C.I. I G.A.P. potevano contare su specialisti
di esplosivi e depositi di armi conosciuti però solo al comando
cittadino, che, decisa un'azione, indicava agli appartenenti al G.A.P.
il luogo e l'ora dove reperire armi, munizioni, bombe, biciclette, necessarie
per l'attentato. Ogni G.A.P. aveva la propria staffetta che, conoscendo
un solo recapito, se catturata, non poteva mettere in pericolo tutta l'organizzazione.
I gappisti erano inoltre scelti
tra persone che non avessero caratteristiche fisiche particolari (molto
alti, molto bassi, biondi ecc...) e quindi non potessero essere facilmente
notati. Queste le regole generali, naturalmente variate e integrate, talvolta
trascurate, da città a città, da gappista a gappista. Il
compito dei G.A.P. era quello di condurre la guerriglia urbana con l'eliminazione
di personalità politiche e militari; l'attentato a poliziotti e
militari italiani e tedeschi e a semplici iscritti o simpatizzanti del
P.F.R., che la memorialistica resistenziale classificherà sempre
come "spie".
Altro compito era quello di
organizzare attentati con esplosivo a impianti industriali, elettrici,
ferroviari, vie di comunicazione e mezzi di trasporto, caserme ed altre
infrastrutture militari, esercizi pubblici e luoghi di ritrovo.
Con questa spietata azione
terroristica il P.C.I. si proponeva lo scatenamento della guerra civile,
poiché gli attentati avevano questi risultati:
a)
provocavano spesso energiche rappresaglie che scavavano un solco di sangue
tra autorità e cittadini
b)
rendevano necessari numerosi e meticolosi servizi di polizia con relativi
divieti, controllo di documenti, perquisizioni, fermi, posti di blocco,
interrogatori, rilascio di lasciapassare, anticipo del coprifuoco. In tal
modo si creava uno stato di tensione e si rendeva ulteriormente complicata
la vita della popolazione aumentando il risentimento verso le autorità
c)
intimorivano la popolazione che, nella quasi totale maggioranza, era disposta
ad aderire o comunque a collaborare lealmente con il nuovo assetto statale
d)
eliminavano persone che per formazione, educazione, tradizione sarebbero
state ostacoli irriducibili per il P.C.I. in qualunque situazione sociale,
politica, militare
Giorgio Bocca nel suo libro "Storia dell'Italia
partigiana" edito da Universale Laterza, 1971, pag.135, in relazione di
G.A.P. scrive: "In realtà, e i comunisti lo sanno bene, il terrorismo
ribelle non è fatto per prevenire quello dell'occupante ma per provocarlo,
per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite,
le punizioni, le rappresaglie, per coinvolgere gli incerti, per scavare
il fosso dell'odio. E' una pedagogia impietosa, una lezione feroce. I comunisti
la ritengono giustamente necessaria e sono gli unici in grado di impartirla,
subito". Il primo G.A.P. comunista a Genova era comandato da Giacomo
Buranello e composto da Walter
Fillak, Giambattista
Torre e Germano
Jori, tutti successivamente caduti nella guerra
civile.
Tra le azioni più clamorose dei G.A.P.
genovesi ricordiamo:
-
l'omicidio di Manlio Oddone,
colpito a Sampierdarena il 28/10/1943, primo Caduto fascista a Genova,
dopo l'8/9/1943
-
gli omicidi a Sestri Ponente dell'operaio Alessandro
Bertazzini il 13/12/1943 e del sottufficiale
della contraerea Gino Caprini
colpito a morte il 19/12/1943
-
l'uccisione di un ufficiale tedesco e il ferimento di un secondo in Via
XX Settembre il 13/1/1944. Il giorno dopo per rappresaglia furono fucilati
otto antifascisti
-
il sabotaggio simultaneo di 11 tralicci sulle alture di Genova l'1/3/1944
in occasione dello sciopero della città
-
l'attentato al cinema Odeon, in Via Vernazza, riservato alle truppe tedesche,
il 15/5/1944. L'esplosione causò 4 morti e 16 feriti, 4 dei quali
morirono. Per rappresaglia marinai tedeschi e SS fucilarono sul Passo del
Turchino 59 appartenenti al movimento partigiano
-
l'omicidio del generale Silvio Parodi,
Commissario Prefettizio al Comune di Genova il 19/6/1944
-
l'esplosione di una bomba nel bar Olanda in Via del Campo, il 25/6/1944.
Il bar era frequentato da militari tedeschi. Si ebbero 6 morti e molti
feriti. I militari tedeschi superstiti e rinforzi sopraggiunti aprirono
un fuoco indiscriminato nelle vie circostanti uccidendo alcuni cittadini
e un milite della G.N.R. Le autorità tedesche, inoltre, fecero fucilare
70 detenuti politici nel campo di Fossoli (MO).
Pochissimo si conosce su questa drammatica pagina di storia perché il P.C.I. ha steso una cortina di assoluta riservatezza sulle modalità e sui protagonisti dei feroci attentati gappisti. Fonti resistenziali affermano che principali protagonisti del terrorismo a Genova, dall'ottobre 1943 all'agosto 1944 furono:
-
i già citati Buranello,
Fillak,
Torre
e Jori
-Balilla
Grillotti,
Wladimiro
Diodati,
Giuseppe
Bozzano,
Riccardo
Masnata,
Luigi
Rei, Leandro
Bianchi, Angelo
Scala "Battista" (che Pisanò
nella sua "Storia della guerra civile in Italia 1943-1945" afferma essere
stato il gappista che portò la bomba al cinema Odeon), Luciano
Zamperini; questi ultimi due saranno poi inviati
in montagna perché identificati dalla polizia
Le stesse fonti affermano che
Jori
aveva partecipato all'omicidio del generale Parodi
e all'attentato all'Odeon, cose molto probabili visto che, dopo la fucilazione
di Buranello
(2 marzo 1944), era diventato il capo dei G.A.P. genovesi.
Il Tribunale Militare Straordinario riunitosi
nella notte tra il 28 e 29 luglio condannò a morte cinque gappisti,
giudicati responsabili diretti o corresponsabili degli omicidi del generale
Parodi,
del maggiore
Palumbo,
del tenente Motta,
del brigadiere Baffigo
e del milite Bruzzone
e del tentato omicidio dell'aiutante Fracasso,
oltre a numerosi atti di sabotaggio e altri reati.
Sino all'ultimo giorno di
guerra ci sarà una lotta senza tregua tra le polizie italiane e
tedesche e i G.A.P., che più di ogni altra formazione partigiana
incarnavano la spietatezza dell'ideologia comunista.
La tragica sigla G.A.P., e
questa volta senza ambiguità significherà Gruppi di Azione
Partigiana, riapparirà in Italia nel 1970, quando Gian
Giacomo Feltrinelli, il "miliardario rosso",
organizzerà una rete di cellule terroriste a Genova, Milano, Torino,
Trento, Teramo, Verona, La Spezia.
Il G.A.P. di Torino prenderà
il nome di Dante Di Nanni,
un giovane terrorista comunista ucciso a Torino durante la guerra civile,
a sottolineare il legame ideale, e talvolta anche materiale e famigliare,
tra vecchi e nuovi gappisti.
Poche e di scarsa importanza
le azioni di questi G.A.P. che però contribuiranno a scatenare il
terrorismo ben più pesante delle Brigate Rosse negli anni successivi.
Le S.A.P., Squadre di Azione
Patriottica, erano presenti sia in città che in campagna. Inoltre,
a differenza dei G.A.P., contarono centinaia di aderenti.
Il compito delle S.A.P. fu dapprima strettamente
logistico in appoggio ai G.A.P. e alle formazioni di montagna e consisteva:
-
procurare e riparare armi
-
fornire munizioni, viveri, carburante, indumenti, denaro, medicinali
-
curare i feriti e nascondere i ricercati
-
procurare documenti falsi e quanto altro fosse necessario
Successivamente i sapisti svolsero
un importante ruolo informativo, segnalando dislocazione e movimenti di
truppe; spostamenti di mezzi militari; indirizzi e abitudini di persone
da colpire.
Infine aumentando il numero
e l'armamento e avvicinandosi la fine della guerra le S.A.P. parteciparono
direttamente a sabotaggi e azioni a fuoco effettuate sia in collaborazione
con i G.A.P. e le formazioni di montagna, sia autonomamente.
Mentre i G.A.P. furono esclusivamente
di estrazione comunista, le S.A.P. erano state create da tutti i partiti
antifascisti su base di quartiere cittadino, di vallata, di luogo di lavoro,
anche se le squadre comuniste furono in prevalenza.
Le S.A.P. comuniste dimostrarono
una buona capacità organizzativa e militare nelle ore tra la sera
del 30/11/1944 e il mattino del 1/12/1944, in quella che la propaganda
partigiana chiamò la "notte della spia" e che costò la vita
ad una ventina di militari, poliziotti e soprattutto civili di idee fasciste.
Le decine di agguati, sabotaggi, lanci di manifestini,
effettuati in quelle ore furono principalmente opera delle S.A.P., pur
con la concomitante azione di G.A.P. e formazioni di montagna.
Le S.A.P. infine sostennero
la maggior parte dei combattimenti con i presidi italo-tedeschi in città
dal 24 al 28 aprile 1945 subendo circa duecento morti, poiché il
grosso delle formazioni di montagna, attardato dalle truppe della "MONTEROSA"
in ripiegamento e dai presidi della cerchia esterna della città
giungeva a Genova nel pomeriggio del 26 aprile e nella giornata del 27
aprile.
Per questa schematica ricostruzione ci siamo basati principalmente sulle sotto notate opere:
- Bocca Giorgio, "Storia
dell'Italia partigiana", 1971
- Brizzolari Carlo, "Un
archivio della Resistenza in Liguria", 1984
- Gimelli Giorgio, "Cronache
militari della Resistenza in Liguria", 1985
- Mantelli Bruno, "Aprile
1944. Il grande rastrellamento della Benedicta. Una rilettura attraverso
le fonti tedesche" in "Italia contemporanea", marzo 1990
- Pisanò Giorgio,
"Storia della guerra civile in Italia 1943-1945", 1965/67
Per quanto riguarda i legami tra il terrorismo del 1943/45 e il terrorismo degli anni 1970/80:
- Bocca Giorgio, "Il terrorismo
italiano 1970-1980", Rizzoli 1981, pagg.23-34
- Fanti Liano, "S'avanza
uno strano soldato. Genesi del brigatismo rosso reggiano", SugarCo 1985