Riccardo Lazzeri ECONOMIA E FINANZA NELLA
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA (1943-1945) Introduzione di Gianfranco Monti
Pagine 266 Lire 36.000, Casa Ed. Terziaria,(ASEFI - Via S. Simpliciano
2 - 20121 MILANO).
Lazzeri, Riccardo <1927- >
ISBD: Economia e
finanza nella Repubblica sociale - [Milano] : Terziaria, stampa 1998 -
XVII, 266 p. : ill. ; 22 cm. - Saggi
Collezione: Saggi
Livello bibliografico:
Monografia
Tipo di
documento: Testo a stampa
Numeri: ISBN - 88-86818-26-2
Bibliografia Nazionale - 99-10224
Nomi: Lazzeri, Riccardo
<1927- >
Altri titoli collegati:
[Variante del titolo] Economia e finanza nella RSI (1943-1945).
Soggetti: Repubblica
sociale italiana <1943-1945> -
Politica economica
Repubblica sociale italiana <1943-1945> -
Politica finanziaria
Classificazione:
338.945 - SVILUPPO ECONOMICO E POLITICHE DISVILUPPO. ITALIA
Paese di
pubblicazione: IT
Lingua di pubblicazione:
ita
Localizzazioni:
AQ0167 - Biblioteca della Facoltà di economia dell'Università
degli studi di L'Aquila - L'Aquila - AQ
BO0304 - Biblioteca comunale dell'Archiginnasio
- Bologna - BO
BO0305 - Biblioteca comunale di Storia della Resistenza
- Bologna - BO
FE0152 - Biblioteca della Facoltà di lettere
e filosofia Amleto Bassi dell'Università degli studi di Ferrara
- Ferrara - FE
FI0098 - Biblioteca nazionale centrale - Firenze
- FI
FI0101 - Biblioteca Marucelliana - Firenze - FI
MI0162 - Biblioteca comunale - Palazzo Sormani
- Milano - MI
MI0185 - Biblioteca nazionale Braidense - Milano
- MI
MI0305 - Biblioteca Ferruccio Parri - Milano -
MI
MI0307 - Biblioteca dell'Istituto Leone XIII -
Milano - MI
MI0339 - Biblioteca delle Civiche raccolte storiche.
Museo del Risorgimento - Milano - MI
MI1022 - Biblioteca dell'Istituto milanese per
la storia della Resistenza e del movimento operaio - Sesto San Giovanni
- MI
MI1260
MN0144 - Biblioteca dell'Istituto mantovano di
storia contemporanea - Mantova - MN
MO0127 - Biblioteca comunale Francesco Selmi -
Vignola - MO
PD0316 - Biblioteca generale della Facolta' di
scienze politiche Ettore Anchieri dell'Universita' degli studi di Padova
- Padova - PD
PG0109 - Biblioteca comunale Augusta - Perugia
- PG
PV0291 - Biblioteca universitaria - Pavia - PV
RA0030 - Biblioteca di storia contemporanea - Ravenna
- RA
RA0069 - Biblioteca dell'Istituto storico della
Resistenza - Alfonsine - RA
RM0210 - Biblioteca della Fondazione Lelio e Lisli
Basso - Roma - RM
TO0473 - Biblioteca dell'Istituto storico della
Resistenza in Piemonte - Torino - TO
TS0013 - Biblioteca civica Attilio Hortis - Trieste
- TS
TS0162 - Biblioteca del Dipartimento socio-politico
dell'Universita' degli studi di Trieste - Trieste - TS
TV0114 - Biblioteca comunale - Treviso - TV
VE0047 - Biblioteca Querini Stampalia - Venezia
- VE
VI0096 - Biblioteca civica Bertoliana - Vicenza
- VI
Codice identificativo:
IT\ICCU\LO1\0472540
Perché nell'Italia liberata circolavano le amlire e nell'Italia
del nord vennero espulsi i marchi di occupazione? La dura lotta dei ministri
della RSI per salvare il sistema produttivo italiano lottando su due fronti,
soprattutto contro i tedeschi. Sovranità nazionale e socializzazione.
Gli industriali contro la Repubblica.
La vera storia dell'oro della Banca d'Italia e dell'oro di Dongo
***
La continua, incessante opera di disinformazione,
che il "regime" catto-comunista impone agli italiani da cinquantacinque
anni, non ha permesso uno studio accurato e storicamente accettabile sulle
complesse vicende che caratterizzarono la RSI nei difficili rapporti con
l'alleato germanico.
E’ un dato di fatto che l'economia del territorio
italiano, amministrato dal Governo della RSI, non subì il tracollo
di quella dei Governo del Sud.
L'Autore del testo presentato, documenti alla mano,
ci fornisce le informazioni necessarie per giudicare l'attenta e scrupolosa
cura che le Autorità del Governo Repubblicano posero per mantenere
efficiente il patrimonio industriale, tutelandolo contro tutti i tentativi
tedeschi di trasferirlo in Germania, dando lavoro agli operai ed ai tecnici,
altrimenti trasferiti nelle nuove sedi estere.
La legislazione sociale ebbe un nuovo impulso con
la legge sulla socializzazione delle imprese iniziando ad attuare i 18
Punti di Verona.
Furono chiariti i rapporti fra il "capitale"
ed il "lavoro". Fu fatto ogni sforzo per mantenere i prezzi ed
i salari in un equo rapporto che non penalizzasse i meno abbienti. La politica
finanziaria fu rigorosa a tal punto che, soddisfatte tutte le esigenze
di guerra dell'Esercito Germanico in Italia, l'ultimo bilancio dello Stato
chiudeva con Venti Miliardi (di allora) in attivo.
Fu pagato un grosso debito in oro alla Svizzera
e furono poste in salvo le riserve auree in un deposito, a Fortezza, sottraendole
alle interessate attenzioni dei tedeschi. Il Poligrafico dello Stato, già
destinato ad essere trasferito a Vienna, rimase in Italia e non fu permessa
la stampa di marchi d'occupazione, mentre invece il Sud fu inondato e piegato
dalle AM-LIRE del governo Alleato.
I rapporti commerciali con la Germania furono oggetto
di appositi accordi.
Il sistema di tassazione fu snellito e rimodernato
tenendo conto delle necessità dei lavoratori che ottennero dei benefici
dallo sgravio dei contributi assicurativi che passarono a carico del datore
di lavoro. Il limite dell'età pensionabile fu ridotto di cinque
anni; la pensione di vecchiaia passava (per chi aveva almeno 25 anni di
attività lavorativa) dai 60 ai 55 anni di età per gli uomini
e dai 55 ai 50 anni per le donne.
Fu avviato un progetto per attuare il diritto alla
proprietà della casa, fu dato avvio alla formazione di cooperative
per la coltivazione delle terre incolte o male amministrate.
Queste furono solo alcune delle iniziative, tese
a mantenere viva e vitale l’economia dei Paese, che ebbero riflessi anche
sulla ricostruzione del dopoguerra.
Furono due gli artefici di tanta sana e capace politica
sociale, finanziaria ed amministrativa: il Ministro dell'Economia Corporativa
Angelo Tarchi ed il Ministro delle Finanze e degli Scambi e valute Domenico
Pellegrini Giampietro.
Alla loro energia, alla loro capacità tecnica,
nell'individuare e risolvere i problemi, si deve la risoluzione delle enormi
difficoltà di gestione di un Paese prostrato ed ingannato, ostacolato
da una perfida campagna ostruzionistica dell’antifascismo, prezzolato dagli
Alleati, in un continuo braccio di ferro con i tedeschi non sempre rispettosi
degli accordi ma pronti a recedere di fronte ad una decisa azione di opposizione
a alle ingerenze. La sburocratizzazione degli apparati con la riforma totale
degli stessi, su una nuova base più efficiente e disciplinata, con
una mentalità nuova e soprattutto aderente al mondo del lavoro,
capillare nei vari settori dell’economia, fu il motore che rimise in moto
l’attività produttiva del nuovo Ministero dell'Economia Corporativa
che andava dal reperimento delle materie prime, fino alla distribuzione
del prodotto finito sia per gli usi civili che per quelli di guerra.
Il testo, oltre l'introduzione di Gianfranco Monti,
è suddiviso in due parti: l'Economia nella RSI e la Finanza nella
RSI.
Nell'appendice ritroviamo una interessante lettera
del Governatore della Banca d'Italia Vincenzo Azzolini, la trascrizione
di una telefonata del Ministro delle Finanze Pellegrini a Vincenzo Azzolini,
l'accordo di Fasano tra il Governo della Grande Germania ed il Governo
della RSI, la relazione al Duce del 12 dicembre 1944 del Ministro Pellegrini,
la relazione riservatissima dei Questore Grassi a De Gasperi, la relazione
del Prefetto Bertinelli e la sentenza del 27 dicembre 1946 della Cassazione
in merito all’affare di Dongo.
La pubblicazione è molto interessante ed
apre nuovi orizzonti a quell'opera di revisione storica che dovrà
rivalutare un periodo della nostra storia occultata con cinica volontà
alle giovani generazioni. E’ evidente che il Fascismo ha saputo forgiare
una classe dirigente capace e preparata, pronta ad assumersi ogni responsabilità
per il bene dei Popolo Italiano.
La lettura dell'opera è piacevole e di piena
comprensione anche per chi è profano. Interessanti le motivazioni
della scelta autarchica.
NUOVO FRONTE N. 191 (1999) Rubrica "Leggiamo assieme"
a cura di M.Bruno.
***
Dalla copertina: "Sull’evoluzione nel 1943-45 della situazione
economica nei territori controllati dalla RSI... manca a tutt'oggi uno
studio organico che ne approfondisca i temi i e i caratteri principali..."
ha scritto Renzo De Felice
a pagina 279 dell'ultimo volume, uscito postumo, della sua monumentale
biografia di Mussolini.
Questo volume di Riccardo Lazzeri non pretende di colmare totalmente
la lacuna ma certo porta un interessante contributo, e su aspetti scarsamente
esplorati, alla interpretazione di un periodo particolarmente difficile
e contraddittorio della nostra storia.
Scritto con intensa partecipazione, il libro racconta del grande sforzo
compiuto dalle autorità della RSI per ridurre al minimo i danni
all’economia dell'Italia settentrionale minacciati e inferti dai bombardamenti
alleati, dai sabotaggi partigiani, dalle tentate rapine tedesche: e di
come i provvedimenti della Repubblica Sociale consentissero una continuità
quasi normale, nonostante l'economia di guerra, alle attività produttive
del Nord (sventato il pericolo di un loro trasferimento in Germania) e
garantissero alla popolazione un regolare approvvigionamento alimentare
e degli altri essenziali beni di consumo. Non a caso, fa capire Lazzeri,
nell'Italia liberata circolarono le lire di occupazione (le famose amlire)
mentre al Nord i marchi di occupazione tedeschi, subito emessi dopo l'8
settembre, furono immediatamente ritirati dalla circolazione.
Riccardo LAZZERI, nato a Trento nel 1927, residente ad Innsbruck,
ha lavorato per molti anni all'estero in attività commerciali di
export-import e di consulenza azíendale occupandosi contestualmente
di ricerche storiche ed economiche su eventi di cui è stato, sía
pure marginalmente, testimone diretto.
***
Il libro di Riccardo Lazzeri racconta del grande sforzo compiuto dalle
autorità della Rsi per ridurre al minimo i danni all'economia dell'Italia
settentrionale minacciati e inferti dai bombardamenti alleati, dai sabotaggi
partigiani, dalle tentate rapine tedesche: e di come i provvedimenti della
Repubblica sociale consentissero una continuità quasi normale, nonostante
l'economia di guerra, alle attività produttive del Nord e garantissero
alla popolazione un regolare approvvigionamento alimentare e degli altri
essenziali beni di consumo. Non a caso, fa capire Lazzeri, nell'Italia
liberata circolarono le lire di occupazione mentre al Nord i marchi di
occupazione tedeschi, subito emessi dopo l'8 settembre, furono immediatamente
ritirati dalla circolazione.
Il CORRIERE DEL SUD N. 6/2002 - 16/30 marzo
***
Tra il settembre 1943 e la fine aprile 1945 la Repubblica Sociale Italiana
ed il Regno del Sud vivono situazioni in gran parte analoghe. Usciti da
un'unica sconfitta militare e da una resa a discrezione, origine della
divisione, entrambi sono occupati da truppe straniere e nemiche, tedesche
al nord, anglo-americane al sud, delle quali pudicamente si definiscono
alleate con le prime e cobelligeranti con le seconde. Inutile cercare in
quale delle due Italie sopravviva una sovranità non puramente formale.
Entrambe si adeguando ad uno stato di necessità entro il quale (specialmente
la RSI), cercano di gestire al meglio gli spazi produttivi e distributivi
autonomi che ancora restano. Come ciò avvenga al nord si conosce
poco, non tanto per la dispersione degli archivi, quanto perché
l'attenzione alle sue vicende si è concentrata sui fatti politici
e militari. Nell'intenzione di fornire specifici contributi sull'argomento
si muove il volume di Riccardo Lazzeri "Economia e finanza nella Repubblica
Sociale Italiana - 1943/45" che però contiene più argomenti
oltre a quelli indicati dal titolo. Uno di questi lo troviamo quasi all'inizio
del volume con il Manifesto di Verona che, fin dall'inizio della RSI, enuncia
le basi sociopolitiche ispirative della nuova costruzione economica e finanziaria.
Non a motivo di questo, ma proprio nonostante il "Manifesto",
prendono rilievo le figure di Angelo Tarchi e di Domenico Pellegrini-Giampietro,
ministro dell'Economia corporativa, il primo, e delle Finanze, il secondo,
che, tranne l'ossequio formale ai riti della socializzazione, assolveranno
i loro incarichi con senso di responsabilità e con la capacità
richiesta dalla situazione. Tarchi denuncia al Duce la situazione reale:
l'economia della RSI è nelle mani della Rustung und Kriegsproduction
(RUK), l'organizzazione tedesca che si comporta nei confronti del sistema
industriale italiano secondo le regole della preda bellica.
Non è facile resistere agli ordini di Berlino. Tarchi ci prova.
Quando il Duce gli chiede se sarà possibile salvare dal depauperamento
tedesco le fondi produttive e le industrie del nord, risponde: "Difficile.
Ma non impossibile". Al rendiconto finale dimostrerà di avere
salvato gran parte del patrimonio industriale e anche un milione e mezzo
di lavoratori altrimenti destinati al lavoro obbligatorio in Germania.
Se non sono gli atti di fede ma la perseveranza organizzativa a far ottenere
a Tarchi dei risultati, altrettanto e ancora di più si può
dire per l'opera di Pellegrini-Giampietro, messa a confronto con i problemi
finanziari che sono, in qualunque regime, eternamente gli stessi: entrate
e uscite, sull'equilibrio delle quali incombe l'agguato dell'inflazione.
La relazione economica e finanziaria con la Germania, esposta al Duce
dal ministro il 12 dicembre 1944, denuncia la sudditanza finanziaria nei
confronti del Reich al quale viene corrisposto un "contributo di guerra"
iniziale di sette miliardi mensili portato, in seguito, a dieci. In realtà,
tenuto conto di altre inadempienze da parte germanica, inclusa una speculazione
sulle valute e sulle merci importate in franchigia, la relazione fa ascendere
il carico mensile a diciassette miliardi, con oneri alla circolazione e
alla economia italiana che il ministro definisce "pauroso, mentre
l'emissione di carta moneta procede senza freni".
Se il ministro ricorre ai torchi, e non può farne a meno, deve
provvedere anche a togliere di mezzo l'eccesso di carta moneta. Un'operazione
per la quale occorrono le regole della finanza classica, spiacevole e indispensabili.
Pellegrini le usa, come il risparmio obbligatorio; come il riscatto obbligatorio
dell'imposta immobiliare, che impone ai proprietari di versare in una sola
volta l'importo dovuto in sedici anni; come l'aumento della pressione fiscale;
come la triplicazione degli estimi catastali fatti nel 1937; come la tassazione
del 20% sugli acquisti immobiliari fatti in periodo bellico; come l'aumento
del tributo dovuto allo Stato in caso di aumento di capitale, nella stessa
proporzione in cui è avvenuto l'aumento; come la riduzione all'osso
delle uscite; come la riduzione degli stipendi già maggiorati per
agevolare il trasferimento al nord dei funzionari statali; come l'abolizione
di molti prezzi politici.
Al termine della guerra i meriti dell'opera svolta sia da Tarchi che
da Pellegrini-Giampietro sono stati riconosciuti pubblicamente dal senatore
Marcello Soleri, ministro del Tesoro nel governo Bonomi e liberale di antica
scuola, che riscontrava "una situazione economica ed anche finanziaria
del Nord, malgrado il protrarsi dell'occupazione tedesca, meno disastroso
di quanto si credeva". Il dato emerge da un'indagine del Secit su
un campione di 6.047 imprese. Fisco: non sono in regola 25 società
di capitali su 100. Il 16,2 % delle imprese non ha consegnato il bilancio
e non ha effettuato versamenti al fisco; il 3,9% ha effettuato almeno un
versamento ma non ha depositato il bilancio alla Camera di Commercio e
il 4,9% non ha effettuato versamenti ma ha presentato il bilancio.
LINEA 23 maggio 2000. Paolo Pittaluga
***
"Occorre proteggere l'industria: per questo vi ho chiamato".
Così, il 10 dicembre 1943, Mussolini sarebbe riuscito a vincere
le ultime resistenze di Angelo Tarchi ad accettare l'incarico di ministro
dell'Economia corporativa della RSI, in sostituzione del dimissionario
Silvio Gaj. Un incarico improbo, reso tale sia dalla obiettive difficoltà
della situazione economica e militare in cui versava il neonato Stato fascista
repubblicano, sia soprattutto dal ferreo controllo esercitato dai tedeschi,
subito dopo l'8 settembre, sull'economia italiana, a livello di piani di
produzione, di rifornimento e di trasferimento degli impianti bellici.
E non solo di ferreo controllo si sarebbe alla fin fine trattato, ma in
molti casi di una vera e propria opera di spoliazione, che avrebbe riguardato
il settore dell'industria in primis, ma anche quelli dell'agricoltura e
dei trasporti, con intuibili conseguenze negative sia sul piano strettamente
economico, sia su quello più generalmente politico, con contraccolpi
sull'immagine di autonomia e indipendenza che il Governo della RSI tentava
faticosamente di accreditarsi.
Alla luce di queste considerazioni, il fatto che le strutture economiche
e finanziarie della RSI avessero sostanzialmente retto fino alla fine appare
per molti versi quasi "miracolistico"; un "miracolo"
solo in parte ascrivibile alle indubbie e riconosciute capacità
di chi resse allora i dicasteri dell'Economia corporativa e delle Finanze
- Angelo Tarchi, appunto, e Domenico Pellegrini -, ma che chiama in causa
anche una efficienza amministrativa magari più difficilmente ammissibile
ma non meno innegabile. Come poi, nei dettagli "tecnici" e propriamente
"numerici", quel "miracolo" potesse avere concretamente
preso corpo, questo rimane ancora da chiarire, in assenza soprattutto di
una adeguata documentazione relativa alle varie voci del bilancio economico
della RSI. Un chiarimento in tal senso non viene, purtroppo, dal saggio
di Riccardo Lazzeri: una lodevole intenzione di fondo, corroborata anche
da sintetiche analisi delle linee direttori della politica economica del
Governo fascista repubblicano, ma affrontata troppo di getto, con una non
negata passionalità e una partecipazione ideologica che hanno finito
spesso per appesantire il discorso, che con ben altra freddezza avrebbe
dovuto essere trattato, proprio per la sua natura e complessità.
Continua dunque a mancare - come lamentato a suo tempo da Renzo De
Felice in Rosso e Nero - uno studio organico e documentato sulla situazione
economica nei territori controllati dalla RSI; ne discende d'altro canto
la conferma di un governo, come quello mussoliniano del 1943-45, che, pur
non potendo essere del tutto autonomo dai tedeschi, si batté comunque
pressoché quotidianamente per ritagliarsi gli spazi di autonomia
che le circostanze potessero consentirgli.
CLIO - rivista trimestrale di studi storici - gennaio/marzo
2000. Guglielmo Salotti
***
L'Oro di Dongo & dopo. Tra bombardamenti alleati e razzie tedesche,
la Rsi (Repubblica sociale italiana), lo Stato fondato da Benito Mussolini,
che visse 18 mesi e morì a Dongo, evve anche il temo di sviluppare
una propria economia e di amministrare risorse finanziarie non indifferenti
(a cominciare dal tesoro della Banca d'Italia che tanto faceva gola a Hitler,
ma rimase in Italia). Di tutto questo si occupa un approfondito studio
che il professor Renzo De Felice, il grande storico autore della celebre
biografia di Mussolini, auspicava potesse vedere, prima o poi, la luce,
ma non ebbe il tempo di valutare e apprezzare, strappato prematuramente
alle sue ricerche da una mortale malattia.
Il libro s'intitola Economia e finanza nella RSI 1943-45 e ne è
autore Riccardo Lazzeri, uno studioso trentino già apprezzato per
altre ricerche storiche, che ha scavato a lungo negli archivi tedeschi,
in questo favorito anche dalla sua dimestichezza con la lingua di Goethe
(ha abitato per decenni nella Svizzera tedesca e attualmente vive e lavora
a Innsbruck).
Lazzeri descrive le vicende del ministero dell'Economia corporativa,
che ebbe a capo Angelo Tarchi e dovette fronteggiare due contemporanei
attacchi militari: quello angloamericano portato, con i bombardamenti,
alle industrie, e quello ben più subdolo, tedesco, determinato dalle
intenzioni dell'alleato occupante di trasferire in Germania le più
importanti strutture industriali del Paese, insieme con l'oro della Banca
d'Italia.
E, in proposito, dagli archivi tedeschi compare una lunghissima telefonata
8regolarmente registrata dalle SS) tra il ministro delle Finanze della
Rsi Domenico Pellegrini-Giampietro e il governatore della Banca d'Italia
Vincenzo Azzolini, preoccupati di sottrarre alla razzia tedesca il tesoro
italiano.
Vengono quindi raccontate le operazioni per evitare il trasferimento
in Germania del Poligrafico dello Stato e dell'Officina carte e valori,
che avrebbe permesso ai tedeschi di stampare lire a volontà distruggendo
il potere di acquisto della nostra valuta. In effetti, tale potere d'acquisto
non fu intaccato che in minima parte, e crollò catastroficamente
soltanto dopo la Liberazione. Il trasferimento fu effettuato direttamente
dalle autorità di Salò e le stamperie furono impiantate a
Novara presso l'Istituto Geografico De Agostini.
Non meno spettacolare il racconto del trasferimento dei complessi produttivi
della Fiat nelle gallerie scavate lungo la Gardesana occidentale per proteggerli
dai bombardamenti anglo-americani.
Non ultimo motivo di interesse del volume sono le relazioni a De Gasperi
presidente del Consiglio, alla fine del '45, del questore di Como Grassi
e del prefetto Bertinelli sulla fine Fatta dall'"oro di Dongo":
ossia dai beni (in danaro, oro e gioielli) sequestrati sulle vetture dei
gerarchi e degli altri fascisti in fuga con Mussolini. Non tutto finì
nelle mani del Pci, come si è generalmente ritenuto fino ad oggi.
Una parte (forse la maggiore) di quei beni, che non erano proprio un tesoro
ma rappresentavano comunque un valore ingente, valutabile in cento miliardi
di lire attuali, fu razziata dalla gente del posto.
STUDI CATTOLICI Maggio 2000. Luciano Garibaldi
|
Ernesto Zucconi LIBERAZIONE! Dietro la maschera
del mito
Quaderni di revisioniamo. La storia spezzata. Pag. 87 L. 25.000, RA.RA.
- Via Torino, 14 - Mondovì (CN)
Zucconi, Ernesto
ISBD:
Liberazione : dietro la maschera del mito / - <S.l.> : Ra.Ra., stampa
1998 - 87 p. : ill. ; 24 cm - Quaderni di revisionismo. La storia spezzata
Collezione:
Quaderni di revisionismo. La storia spezzata
Livello
bibliografico: Monografia
Tipo
documento: Testo a stampa
Nomi:
Zucconi, Ernesto
Paese
di Pubblicazione: IT
Lingua
di Pubblicazione: ita
Localizzazioni:
CN0040 - Biblioteca dell'Istituto storico della Resistenza in Cuneo e provincia
- Cuneo - CN
RM0267 - Biblioteca nazionale
centrale Vittorio Emanuele II - Roma - RM
TO0265 - Biblioteca nazionale
universitaria - Torino - TO
Codice
identificativo: IT\ICCU\TO0\0847936
Il testo è dedicato alla memoria del partigiano
giellista Pedro Ferreira e del fascista repubblicano Franco Aschieri perché
“Giustizia e concordia richiedono l’esempio di entrambi".
L'Autore ha scritto numerosi libri di argomento
storico per ricostruire e divulgare quelle parti di storia che sono state
cancellate per volere dell’intellettualità antifascista interessata
più alla menzogna che alla verità.
Pedro Ferreira e Franco Aschieri sono due italiani
che seppero offrire la propria vita per l'Italia, in coerenza con i propri
sentimenti e le proprie scelte. Ferreira (Ten. di fanteria in Spe) fu fucilato
al Nord il 23 gennaio 1945, mentre Aschieri (paracadutista della Xa MAS
assegnato ai Servizi Speciali operanti oltre le linee nemiche, fu fucilato
il 30 aprile 1944 a Santa Maria Capua Vetere ad opera degli “alleati".
Attraverso le lettere di Ferreira e di Aschieri, scritte prima della fucilazione,
è possibile penetrare nell’animo di questi due Eroi che seppero
elevarsi oltre l'odio, nella serenità che solo l’imminenza della
morte sa generare.
In particolare il Ten. Ferreira ha parole di ammirazione
e riconoscenza per il Ten. Barbetti, dirigente del carcere di Asti che,
secondo la storiografia partigiana, era un luogo di tortura.
Attraverso la premessa e tredici capitoli documentati
con fotografie e riproduzioni di articoli e lettere, l'Autore contesta
i falsi storici della ”vulgata" antifascista che passa attraverso
fotografie, create ad arte e valide per ogni occasione, per rappresentare
“epici" scontri mai avvenuti, elenchi di caduti ove vengono inclusi
i morti dei bombardamenti o addirittura Caduti fascisti. Nel Capitolo "Guerra
non sentita" sono riprodotti scritti di futuri partigiani che inneggiano
all’avvenimento; in quello ”Capitolazione" il testo dell’armistizio
con relativi giudizi storici e la tragica lettera del Comandante Fecia
di Cossato, med. d'oro, suicida per aver obbedito all'ordine di consegna
della flotta agli Alleati. Nel Capitolo "Legittimo governo del Sud"
vengono riportati i giudizi di illegittimità di quel governo, frutto
di un colpo di stato, privo di territorio, impossibilitato a battere moneta
ed a emanare leggi.
In "Secondo Risorgimento" si contesta
l'accostamento della storiografia partigiana agli eventi dell’antifascismo.
Il fascismo (Prezzolini) fu l'apice del Risorgimento Italiano. "Guerra
di popolo", "Boves brucia ancora", "Secolare nemico",
"Repubblichini", "Lupi ed agnelli", “Libertà”
e "Democrazia" sono i capitoli che contestano, documento su documento,
i comportamenti e le atrocità dei partigiani, che provocarono esasperate
ritorsioni a danno delle popolazioni inermi, abbandonate al loro destino,
vittime di un disegno malvagio per provocare una spirale di sangue e di
odio.
“Il caso Galimberti" è molto interessante.
Galimberti fu un esponente del Partito d'Azione che studiò un progetto
di costituzione federale europea con Antonino Repaci che fu osteggiato
da tutti i partiti del CLN. Aveva molti punti in comune con il progetto
di costituzione della RSI. Prevedeva il superamento della lotta di classe,
la costituzione dei partiti politici, la collaborazione delle categorie
lavorative, il riparto degli utili aziendali. Oggi, Galimberti (Medaglia
d'Oro), non viene mai ricordato nell'Olimpo resistenziale.
"Paralleli" chiude la pubblicazione. I
testi di lettere di giovani Soldati della Repubblica Sociale, la descrizione
di come affrontarono i plotoni di esecuzione fitta da chi ebbe la ventura
di assistervi, sono la manifestazione più evidente della purezza
d'intenti e d'ideali che indussero tanti giovani a scegliere la parte senza
speranza.
In che cosa la fede e l’amore per la Patria del
Martire Aschieri differiscono dai sentimenti del Ten. Ferreira? Quest'ultimo
è ricordato, l'altro è bollato come spia e traditore. Traditore
di che cosa? Forse ha avuto il tempo di cambiare idea come Bocca, Biagi,
Spadolini e tanti, troppi altri? Oggi è di moda dire che hanno scelto
“la parte sbagliata". Qual è quella giusta? Non vi sono più
comunisti, non vi sono più fascisti, democristiani, azionisti, socialisti,
liberali, repubblicani, monarchici, vi sono solo interessi che sfuggono
a chi non è addetto ai lavori, a chi paga e tace, pronto a seguire
il migliore offerente, accettando tutto e negando tutto. Ma i sentimenti
esistono? Le scelte sanguigne, quelle di temperamento, frutto di educazione
e di riflessione morale, hanno ancora valore? La parola che tutto giustifica
è "Libertà" coniata con "diritto" ma
i doveri non sono forse il limite per il rispetto della libertà?
Ed il diritto non è anch’esso un limite che delimita la possibilità
di manifestare o avere per non interferire con gli altri?
E’ per il disordine morale e materiale che bisognava
optare?
"La parte sbagliata" è posta ai
margini perché nel confronto risulta giusta.
Il testo presentato fa riflettere, è preciso
e ben documentato.
NUOVO FRONTE N. 191 (1999) Rubrica "Leggiamo assieme"
a cura di M.Bruno.
***
Una volta, Renzo De Felice ebbe a dire: "Per sua natura lo storico
non può che essere un revisionista, dato che il suo unico lavoro
prende le mosse da ciò che è stato acquistato dai suoi predecessori
e tende ad approfondire, correggere, chiarire la loro ricostruzione dei
fatti".
Con questa premessa prende l'avvio la collana "La storia spezzata
Quaderni di revisioniamo", che si propone di aprire le menti avvelenate
da una storiografia dominante, becera e faziosa, che dosando odio e disinteresse,
ha addormentato le coscienze, dopo che i suoi protagonisti avevano straziato
i corpi di tanti italiani ai tempi della guerra civile, prima e dopo la
fine del secondo conflitto mondiale.
Il primo quaderno, redatto da Ernesto Zucconi ed intitolato "Liberazione
- Dietro la maschera del mito", è un rapido repertorio illustrato
e commentato di episodi evocativi, i cui soli titoli ("Guerra non
sentita", Capitolazione, "Legittimo Governo del Sud",
"Secondo Risorgimento", "Guerra di Popolo", Boves
brucia ancora, "Nazifascisti", "Secolare nemico", "Repubblichini",
Lupi e agnelli, "Libertà e democrazia", Il "caso
Galimberti, Paralleli) richiamano altrettanti antenati alla verità.
Qualcuno potrebbe osservare che i fatti sono arcinoti e, forse, anche
semplicisticamente resi; ma ad un più attento esame si deve ammettere
che la loro ricostruzione è tutt'altro che superflua, dopo decenni
di incessante ed interessata propaganda subdolamente celata sotto i termini
perbenisticamente dogmatici di storia, democrazia, libertà, giustizia,
pluralismo, resistenza, liberazione. Così false idee, pregiudizi,
errori, nutriti per via, di crimini ed ingiustizie, sono stati eretti a
valori ineluttabilmente positivi difesi contro ogni logica ed ogni verità.
Questo volumetto squarcia il velo marcescente del mito e guarda in
faccia il vero: qualcuno si brucerà alla sua fiamma, ma gli intelletti
onesti ne usciranno temprati; e se uno solo riuscirà a vedere oltre
leggendolo, esso non sarà stato un inutile esercizio di scrittura.
Ma perché sia così è essenziale che sia diffuso, principalmente
tra coloro che ancora non vedono.
NCI n.3-4 marzoaprile 99 B. Alfonso Sergio Scaramella
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