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N. 49, LUGLIO 2000, completo di bibliografia tradizionale e di "sitografia".
Gli inserti, a cura dello storico Marco Cimmino, fanno parte di
una serie pubblicata mensilmente su AREA, per fornire uno strumento di
aggiornamento sul '900 per le scuole dell'obbligo. L'inserto
originale, pubblicato su AREA, è completo di ricca iconografia,
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di temi da svolgere, etc.
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LA RIVOLUZIONE D'OTTOBRE
Recentemente, gli interventi di Sergio Romano hanno
riaperto la questione dei totalitarismi del '900, che, a seconda dell'orientamento
degli storici e del momento in cui le opere dei suddetti vedevano la luce,
furono variamente analizzati e valutati.
Io credo che il giudizio di Romano sia, per molti
versi condivisibile: l'unico vero totalitarismo europeo fu quello praticato
in Unione Sovietica, almeno a partire da una certa data, vale a dire, più
o meno, dalla fine della guerra civile (ergo, vivente Lenin).
Per quanto diabolicamente inserito nella vita quotidiana
del popolo germanico, il nazismo non ebbe mai le definitive caratteristiche
di 'stato etico estremo' di cui parla con cognizione di causa Sergio Romano;
e la famigerata operazione nacht und nebel, con cui si facevano scomparire
gli oppositori del regime, nascondendone financo i luoghi di sepoltura,
produceva un terrore che era, comunque, diverso da quello che suscitava
la possibilità di passare per pazzi, in quanto non d'accordo con
il vangelo del PCUS.
Se il nazismo fu un terrificante fenomeno di 'reductio
ad unum', in cui un intero popolo si identificò con le ossessioni
psicotiche del proprio capo, e se il fascismo fu una sorta di prolungamento
con varianti dei vecchi privilegi dell'Italia liberale, con spiccate tendenze
neofeudali, solo il comunismo sovietico fu assolutamente e definitivamente
totalitario.
Innanzi tutto, i bolscevichi giunsero al potere
minoritari e con un atto rivoluzionario affine ad un colpo di stato.
In un paese che non possedesse i caratteri di arretratezza
politica e sociale della Russia di Nicola II, difficilmente si sarebbe
affermata una linea d'azione come quella dei Soviet leninisti, che si trovarono
nella necessità di dare ad un popolo per la grandissima maggioranza
estraneo al dibattito politico, anzi, alla pura e semplice coscienza sociale
del proprio status, un impianto ideologico.
Questo impianto, peraltro, veniva di lontano, ed
affondava le proprie radici nel pensiero giacobino francese, che, miscelandosi
nel corso del XIX secolo con le dottrine sociali positiviste e marxiste,
aveva dato origine, da un lato, ad un riformismo con spiccate caratteristiche
socialdemocratiche, che ben si adattava alla situazione di precoce urbanizzazione,
industrializzazione e, per conseguenza presa di coscienza di classe, ma
anche di dialettica parlamentare, dei settori produttivi dell'Europa
occidentale.
Dall'altro lato, invece, esso aveva esasperato la
matrice rivoluzionaria dei “duri e puri”, che, dopo il congresso di Erfurt,
del 1893, videro proprio in Lenin il loro faro.
Insomma, l'ideologia marxista-leninista era troppo
articolata e complessa per essere largamente condivisa da una sterminata
massa di oppressi, composta perloppiù da muzik analfabeti: l'unica
soluzione era quella di conquistare il potere con un atto di forza ed imporre
alle masse il proprio credo, né più né meno di come
lo zar aveva imposto l'idea della sua unzione divina.
Di fatto, perciò, si affermava l'idea di
uno stato etico assoluto, in cui i rappresentanti del popolo (i Soviet)
decidevano, al di sopra del popolo, ciò che rappresentava il bene
del popolo stesso (è bizzarro: sembra di sentir parlare degli ultimi
due o tre governi italiani!) : è chiaro che, per reggersi, un simile
impianto ideologico, che, come si vede, non distava molto dall'idea illuminista
del tous pour le peuple mais rien avec le peuple , doveva affermare
l'idea che chi non desiderasse il bene supremo, ossia chi divergesse dalle
posizioni della dirigenza, fosse, per necessità, incapace di intendere
e di volere.
Questo, al fine di semplificare all'osso il meccanismo
di base che permise l'affermarsi del totalitarismo comunista.
Chiariamo subito che, in questa sede, non si vogliono
dare valutazioni di merito; o, peggio, ancora, stabilire una classifica
dell'orrore: qualunque dittatura è orrenda e qualunque omicidio
è un crimine spaventoso; tuttavia, se si vuole comprendere storicamente
la Rivoluzione d'ottobre, appare necessaria una premessa, diciamo così,
ideologica, oltre che storica, che permetta di comprendere perché
a San Pietroburgo ebbe successo ciò che, per esempio, a Berlino,
nel 1919, fallì miseramente.
A questo si deve, naturalmente, aggiungere la spaventosa
condizione in cui si erano trovate le immense masse contadine russe durante
la disastrosa esperienza della Grande Guerra: quelli che partivano per
il fronte (abbandonando la terra a se stessa, e le proprie famiglie alla
più nera indigenza) venivano mandati allo sbaraglio, senza alcun
criterio di risparmio delle vite umane e, spesso, armati di picche, poiché
mancavano i fucili.
Lo zar Nicola II era solito dire che la sola cosa
che abbondasse nel suo esercito era la carne umana: questa carne veniva
gettata al massacro senza nessuno scrupolo; e non fu secondario, nell'affermarsi
del bolscevismo, l'elemento antibellico.
Infatti, i bolscevichi avevano indicato come priorità
assoluta, all'indomani della rivoluzione del febbraio 1917, la cessazione
immediata delle ostilità, cui era invece ostile il primo ministro
socialrivoluzionario Kerenskij: se altri messaggi potevano risultare troppo
complicati per i muzik in divisa dell'esercito zarista, questo, viceversa,
era chiarissimo e di sicuro successo.
Si aggiunga a ciò il fatto che, proprio nelle
trincee della Bucovina o della Masuria, si erano, per la prima volta, trovati
insieme contadini ed operai, vale a dire due ceti che, pur avendo problemi
simili, non erano mai entrati in contatto l'uno con l'altro: qui cominciò
a diffondersi una primitiva coscienza di classe anche nei muzik (molti
di loro, qualche anno più tardi, pagheranno duramente i propri miglioramenti
sociali (almeno quelli passati da muzik a kulak), subendo un vero e proprio
genocidio di classe.
Per la verità, l'idea della guerra come levatrice
delle rivoluzioni è connaturata nel pensiero comunista: solo nel
caso della Russia del 1917, però, questo meccanismo si mostrò
efficace; in altri casi, come in Germania, con la rivolta spartachista,
o in Italia nel 1945, prevalse il buon senso popolare, che evitò
soluzioni drammaticamente laceranti.
Non è un caso il fatto che proprio la Germania,
abbia inviato alla Russia il boccone avvelenato di Lenin, spedito in un
vagone piombato in patria, all'immediato indomani dell'abdicazione dello
zar (15 marzo 1917): i tedeschi avevano capito benissimo con chi avevano
a che fare.
Ma veniamo ai fatti.
Dopo l'assassinio dello zar Alessandro II, ucciso
nel 1881 dai terroristi nichilisti, il figlio, Alessandro III non esitò
(e da un punto di vista umano, forse, era comprensibile) a cancellare i
timidi tentativi di riforma messi in atto dal padre.
Anche se la Russia era precipitata di nuovo nell'assolutismo
da un punto di vista politico, da quello economico tentava, tuttavia, di
colmare l'enorme gap che la divideva dall'Europa occidentale: in questo
periodo si affiancavano iniziative industriali di notevolissime dimensioni
(antesignane dei tetri 'kombinat' comunisti) a pogrom terribili contro
gli ebrei e a fervidi appelli alla “grande madre Russia”.
Lo sviluppo industriale ebbe un grosso impulso soprattutto
sotto il regno di Nicola II, che salì al trono nel 1894; nello stesso
tempo, le condizioni di vita dei muzik, che erano già miserabili,
peggiorarono ancora.
In clandestinità, intanto, cresceva il partito
socialista (diviso tra rivoluzionari e democratici, e, in seguito, in democratici
menscevichi e bolscevichi), che avanzava soprattutto tra i ceti medi.
Le forti tensioni già manifestatesi in grosse
agitazioni, soprattutto nelle campagne, esplosero nel 1905, grazie al detonatore
poderoso della batosta subita contro il Giappone nella guerra russo-giapponese,
che aveva messo in luce tutta la debolezza delle armi zariste: degli operai
di San Pietroburgo volevano presentare allo zar una petizione e stavano
pacificamente manifestando, quando furono attaccati dalle truppe zariste
che li dispersero sanguinosamente.
Questo episodio (9 gennaio 1905), noto come la “domenica
di sangue”, secondo un'antonomasia che avrebbe avuto parecchio successo
anche in seguito (sunday bloody sunday si presta, infatti, ad una
duplice traduzione), causò una vera e propria insurrezione popolare,
che rapidamente incendiò tutta la Russia, fino ad assumere i caratteri
di una vera rivoluzione.
Appartengono a questi moti l'episodio dell'insurrezione
dei marinai del Potëmkin e la prima comparsa ufficiale dei 'Soviet',
consigli spontanei dei lavoratori, nati a San Pietroburgo e di lì
diffusisi nel resto del Paese.
I Soviet ebbero vita effimera (ma si sarebbero rifatti
più avanti), mentre Nicola II, pressato dalle circostanze, trasformò
la Russia in una monarchia costituzionale di tipo ottocentesco, creando
un'assemblea legislativa (la Duma), eletta a suffragio universale.
Alle prime elezioni libere (aprile 1906) stravinse
il partito liberale Kà.Dè. ( ribattezzato “Kadét”
cioè “cadetto”), che, però si vide togliere la sedia di sotto
il sedere, visto che lo Zar sciolse l'assemblea ed indisse nuove elezioni
(luglio 1906): altra vittoria liberale ed altro scioglimento; finchè,
nel 1907, non venne eletta una Duma ad alta percentuale aristocratica,
docile alla volontà dell'autocrate.
Stessa storia per l'ultima Duma eletta con questo
sistema, che si insediò nel 1912.
Lo Zar ed il suo entourage parevano beatamente ignari
del botto che si stava preparando; l'unico che mostrò di aver capito
la necessità di allentare un po' la pressione sui contadini fu il
primo ministro Stolypin.
Non si pensi a Stolypin come ad un illuminato riformatore:
egli non aveva alcuna velleità umanitaria e mirava solo a limitare
il malcontento nelle campagne; non fu, perciò, un riformista convinto,
ma un attento e machiavellico difensore dell'ordine costituito.
Stolypin voleva che nelle campagne maturasse un
consenso per lo Zar e cercava di modernizzare un'agricoltura che dall'abolizione
della servitù della gleba (sotto Alessandro II) aveva ricevuto più
danni che vantaggi; introdusse però misure di controllo spietate,
sotto forma di tribunali militari di campagna, che seminarono il terrore
tra i contadini.
Fu Stolypin ad incentivare la piccola proprietà
terriera, allo scopo di legare i piccoli proprietari alla terra e, quindi,
allo Zar: entrarono in crisi le Mir, le comunità di villaggio che
possedevano collettivamente le terre, mentre nacque una sorta di middle
class contadina; in realtà, però, le concessioni creditizie
per l'acquisto di terre favorirono solo la parte più ricca di questa
middle class; Stolypin, dunque, non era certo visto come un amico del popolo,
tant'è che, nel 1911, cadde a sua volta vittima di un attentato:
non è che a quei tempi scherzassero!
Con queste premesse è ovvio che la terribile
situazione causata dalla guerra del 1914, specialmente per la Russia, che
subiva perdite spaventose (2.500.000 uomini) ed era assai più debole
delle altre potenze in termini economici, divenne il detonatore di una
bomba innescata da molto tempo.
E' altresì vero che, senza la guerra, probabilmente,
questa bomba non sarebbe mai esplosa e la Russia avrebbe vissuto una stagione
di riforme progressive, più lenta, ma infinitamente meno sanguinosa
di quanto poi avvenne, che, di fatto, sprofondò il Paese in una
dittatura terribile, che in settant'anni causò decine di milioni
di morti.
Col senno di poi, però, non si fa la storia!
Nel 1916, il monaco Rasputin, che era l'anima nera
della corte zarista, venne ucciso da un gruppo di aristocratici, che vedevano
in lui uno strumento del filogermanesimo strisciante della famiglia Romanov
(la zarina Aleksandra era di origine tedesca), ma questo non riuscì
ad arrestare il crollo della monarchia; anziché concedere riforme,
Nicola II pensò bene di sospendere la Duma, accelerando così
il processo di aperta opposizione e di rivolta.
Quanto all'opposizione, del partito Kadét,
espressione del moderatismo borghese e degli aristocratici liberali, abbiamo
già detto; oltre a questo, c'erano i socialrivoluzionari di Kerenskij,
che premevano per un socialismo basato sulla piccola proprietà terriera,
i socialisti moderati detti 'trudovichi' (ossia “laburisti”, visto che
in russo 'trud' significa “lavoro”), i bolscevichi, votati ad un'insurrezione
del proletariato delle città, ed i menscevichi, che corrispondevano,
più o meno, ai socialisti riformisti di Turati.
Inutile a dirsi, tra questi i bolscevichi rappresentavano
una netta minoranza…ma erano una minoranza piuttosto rumorosa!
Nel marzo 1917 (febbraio, secondo il calendario
giuliano), una rivolta nata nelle officine Putilov, di San Pietroburgo,
diede il via ad un vero moto insurrezionale, con scioperi ed occupazioni.
Gli operai si organizzarono a difesa, creando la
cosiddetta “Guardia Rossa”, cui, stavolta, si unirono anche i soldati della
guarnigione di San Pietroburgo, inviati a reprimere i tumulti; alla testa
dell'insurrezione si pose il consiglio degli operai: rinasceva, questa
volta per non sparire tanto in fretta, la figura del Soviet, che, ben presto
si delineò nei suoi caratteri, assumendo la definizione di Soviet
dei deputati, degli operai e dei soldati.
In tutta la Russia, o, almeno, nelle grandi città,
sorsero Soviet analoghi, che cominciarono a proporsi come interlocutori
principali della Duma; di qui nacque il governo Lvov, d'ispirazione liberale,
che dichiarò la libertà di associazione, di pensiero e di
stampa.
Lo Zar abdicò a favore del fratello, Michele,
ma anche Michele dovette abdicare a favore del nuovo governo, che, intanto,
aveva le sue belle gatte da pelare: i Soviet, per il momento a maggioranza
socialrivoluzionaria e menscevica, anche se in maniera illegale, di fatto
si proponevano come contropotere; essi sfruttavano, soprattutto, lo scarso
seguito del governo Lvov, dovuto, principalmente, alla volontà di
proseguire la guerra contro la Germania.
Nelle sue “tesi di aprile”, Lenin, rientrato, come
già detto, dalla Svizzera su di un treno tedesco, fu, invece, categorico:
tutto il potere ai Soviet e fine immediata della guerra.
Mentre Lenin auspicava la dittatura del proletariato,
vale a dire un'iniziativa dal basso “diretta ed immediata”, nasceva il
terzo governo provvisorio, guidato da Aleksandr Kerenskij, che, però,
si trovava nella poco invidiabile situazione di chi è tra l'incudine
del desiderio di ordine della borghesia ed il martello della rivolta popolare.
Quando il generale Kornilov marciò su San
Pietroburgo per ristabilire l'ordine con una dittatura militare, Kerenskij
si rivolse alla Guardia Rossa, adesso a maggioranza bolscevica; e questo
fu un grosso errore di valutazione.
Le truppe di Kornilov disertarono in massa, e Kerenskij
proclamò la repubblica; ma questo non servì a salvargli la
sedia.
Il 7 novembre 1917 (25 ottobre) le guardie rosse
ed i disertori dell'esercito occuparono i gangli del potere, rispondendo
ad un vasto piano insurrezionale preparato da Lev Trotzkij; le cannonate
dell'Aurore contro il palazzo d'inverno sancirono la vittoria dei bolscevichi,
e l'inizio di una tra le più strepitose dittature di tutti i tempi:
in ventiquattr'ore era nata l'U.R.S.S, anche se, formalmente, l'Unione
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche sarebbe stata dichiarata solo nel
1922.
In realtà, nel resto della Russia e nello
stesso Congresso, menscevichi e socialrivoluzionari denunciarono la cosa
come un vero colpo di stato, ma, ormai, i bolscevichi erano la maggioranza
parlamentare, e si affrettarono a dare tutto il potere ai soviet.
Lenin, prima che il Congresso fosse sciolto, gli
fece approvare i tre decreti, sulla pace, sulla terra e sulle nazionalità.
Nel primo si proponeva una pace “democratica”, nel
secondo si confiscavano le proprietà feudali, regie ed ecclesiastiche,
abolendo, di fatto la proprietà terriera, mentre nel terzo si delineava
il federalismo e l'uguaglianza tra tutti gli stati dell'unione.
Nasceva il primo governo sovietico, presieduto da
Lenin, con Trotzkij ministro degli esteri; Stalin faceva già parte
della combriccola, e si preparava l'orticello!
La Russia, intanto, usciva dalla guerra, accettando
le durissime imposizioni del trattato di Brest-Litovsk; quando, però,
la guerra finì, con la sconfitta degli Imperi Centrali, il trattato
decadde.
Tuttavia, alcuni territori russi occupati a suo
tempo dai tedeschi, si erano, nel frattempo, dichiarati indipendenti,
come la Polonia, la Finlandia o le Repubbliche Baltiche: i vincitori, a
Versailles, decisero di mantenere queste indipendenze, incentivandole come
cuscinetto tra l'universo sconosciuto e minaccioso della Russia comunista
e l'Europa liberale; e, di fatto, sancendo l'isolamento della Russia sovietica,
che viveva il dramma di una guerra civile che sarebbe durata fino al 1920.
Tra il 1918 ed il 1920, infatti, la Russia vide
il feroce scontro tra l'Armata Rossa, sotto il comando del solito Trotzkij,
e l'Armata Bianca controrivoluzionaria, con episodi di estrema crudeltà
da una parte e dall'altra; nel luglio del 1918, ad esempio, per evitare
la loro liberazione da parte dei 'bianchi' ad Ekaterinburg furono massacrati
lo Zar e tutti i suoi familiari diretti.
L'Armata Bianca poteva contare sull'appoggio di
truppe eterogenee, in parte formate con contingenti di ex prigionieri (come
i “battaglioni neri” di ex prigionieri italo-austriaci), in parte con aliquote
ceke, britanniche, giapponesi, americane e francesi.
Con la controffensiva del dicembre 1919 e la sconfitta
(novembre 1920) dell'ultimo generale bianco, Wrangel, che perse la penisola
di Crimea, il bolscevismo concluse vittoriosamente la guerra civile: era
costata quasi 9.000.000 di morti!
Nel frattempo, anche l'Europa provava l'ebbrezza
del bolscevismo, che si manifestava in una serie di tentativi rivoluzionari
più o meno abborracciati, come quello degli spartachisti berlinesi
(gennaio 1919), della repubblica dei consigli bavarese (novembre 1918)
o della repubblica sovietica ungherese di Bela Kun (marzo 1919), destinati
tutti a rapidi fallimenti.
Proprio questo fiorire di insurrezioni e di fermenti
causò la proclamazione della Terza Internazionale (marzo 1919),
votata allo scopo di organizzare e coordinare un'insurrezione su scala
mondiale e che passò alla storia come Comintern, espressione dell'ala
socialista bolscevica.
Nel 1920, il Comintern dettò le 21 condizioni
necessarie per diventare membri della Terza Internazionale; tra queste,
fondamentale si rivelò il cambiare nome, assumendo la denominazione
di “partito comunista”, legandosi, perciò, a doppio filo con
il partito comunista sovietico: nasceva l'idea del “partito guida” che
tanto successo avrebbe raccolto anche alle nostre latitudini, nonostante
le veltronate dell'ultima ora.
La “grande madre Russia” entrava in un abisso oscuro,
da cui sarebbe uscita soltanto alla fine del secolo: iniziava il terrore
comunista.
Per l'affermarsi di una storiografia comunista,
avremmo dovuto aspettare ancora un quarto di secolo.
PICCOLA BIBLIOGRAFIA RAGIONATA SULLA GRANDE GUERRA ALLA FRONTIERA
ITALIANA
Escursionismo storico
· Scrimali, Alpi Giulie, Panorama
· Gadler, Guida a Lagorai e Cima d'Asta,
Panorama
· Fabbro, Il sentiero della pace, Euroedit
· Pieropan, Guida alle fortezze degli Altipiani,
Pasqualotto
· Striffler, Guerra di mine, Colbricon, Buse
dell'Oro, Cima Bocche, Col di Lana, Sief, Casteletto e Lagazuoi (4 voll.),
Panorama
· Schaumann, Storia ed itinerari nelle località
della guerra 1915-18, Ghedina e Tassotti
· Scrimali, Alpi Carniche, Panorama
· Scrimali, Prealpi Giulie, Panorama
· Canetta-Corbellini, Escursioni fra fortificazioni
e trincee in alta Valtellina, CDA
· Belotti-Magrin-Peretti, Il sentiero della
pace in Lombardia, Alpinia
· Corbella, Le fortificazioni della linea
Cadorna, tra il lago Maggiore e Ceresio, Guide Macchione
· Canetta, Sui sentieri della Grande Guerra
in Valtellina, CDA
· Schaumann, Monte Grappa, quel monte invalicabile,
con 13 itinerari sui sentieri della prima Guerra Mondiale, Ghedina e Tassotti
· Cernigoi, Cucinato, Volpi, Chiej, Baldi,
Guida alla Corona di San Marco, Ed. della Laguna
· Fornari, Itinerari sui sentieri di guerra
italiani ed austriaci nella valle di Landro e nel gruppo del Cristallo,
Grafica Sanvitese
· Magrin, La gazza, il ristele e la lora,
Associazione 4 novembre
· Mezzacasa, Da Asiago a Falcade sui sentieri
della Grande Guerra, Nordpress
· Baldi-Pieropan, Guida alle Piccole Dolomiti,
Panorama
· Schaumann, Isonzo, Ghedina e Tassotti
· Pieropan, Monte Ortigara, guida a un campo
di battaglia, Rossato
· Pieropan, Monte Grappa, guida breve a un
campo di battaglia
· Mattalia, Monte Cengio, guida a un campo
di battaglia, Rossato
· Pieropan, Il Pasubio, guida alla zona sacra,
Rossato
· Pieropan, La strada delle 52 gallerie,
Rossato
Storia generale
· Pieropan, 1914-1918 storia della Grande
Guerra sul fronte italiano, Mursia
· Andreoletti, Viazzi, Con gli alpini sulla
Marmolada, Mursia
· Ebner, La guerra sulla Croda Rossa, Mursia
· Fadini, Caporetto dalla parte del vincitore,
Mursia
· Pieropan, Ortigara 1917 1 e 2, Mursia
· Pieropan, 1916 le montagne scottano, Mursia
· Pieropan, 1915 obiettivo Trento, Mursia
· Romolotti, 1914 suicidio d'Europa, Mursia
· Skorpil, Pasubio 1916-18, Mursia
· Schemfil, 1916-18, la Grande Guerra sul
Pasubio , Mursia
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nella Grande Guerra, Ed. Riumiti
· AA.VV., L'invasione del Grappa, Rossato
· Mattalia, Le truppe da montagna dell'esercito
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· Massignani, La guerra dei forti sugli altipiani,
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1914-18, trad. A.Bollati, Uff. Storico SME
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per una politica di transizione, Nuova Cultura
· E. Bravetta, La Grande Guerra sul mare,
Mondadori
· AA.VV., La Grande Guerra aerea, Rossato
SITOGRAFIA GRANDE GUERRA
Il primo sito che indichiamo è un sito (l'unico)
a pagamento: per 25$ potete ottenere una vera miniera di notizie e di collegamenti
sulla Grande Guerra, all'indirizzo www.hyperhistory.com .
Se amate, invece, i siti di alto profilo, l'indirizzo
per voi è questo, della Oxford University, che contiene “The Wilfred
Owen digital archive”, archivio di documenti riguardanti il poeta soldato,
e molto altro ancora, sui poeti in guerra e sulla guerra in generale, con
uno straordinario archivio multimedia; l'indirizzo è http://info.ox.ac.uk/jtap
.
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chiunque volesse accedere ad una massa documentale piuttosto cospicua di
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il sito http://xserver.sjc.ox.ac.uk/users/king/juenger , che è,
per inciso, un altro indirizzo di Oxford.
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ricerca specifica è il sito www.lib.byu.edu/~rdh/wwi : si tratta
di una biblioteca universitaria con un imponente archivio di links, diviso
per anni.
Volete tutto ma proprio tutto sulla Grande Guerra,
compreso un tour virtuale sul fronte italiano? Il sito che fa al caso vostro
è www.worldwar1.com/itafront ; se, invece, vi interessa sapere delle
vicissitudini dei Sardi durante la guerra (brigata Sassari, Granatieri
di Sardegna ecc.), potete recarvi all'indirizzo www.crs4.it/~cmsc/trincee/ftrincee.html
.
All'indirizzo www.mcs.net/~mikei/tgws2.htm potrete,
invece, trovare il sito di una delle numerose società storiche legate
alla IGM, la “The Great War Society”; mentre un 'altra società similare,
la “The Great War Historical Society”, si trova all'indirizzo www.geocities.com/Pentagon/7318/gr07000.html
.
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all'indirizzo www.great-war-assoc.org potete trovare il bel sito ufficiale
della “Great War Association”.
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viaggio virtuale nel periodo della guerra, accedendo, per di più
a tutte le registrazioni pubbliche riguardanti perdite e sepolture di soldati
britannici, l'indirizzo è www.pro.gov.uk/news/ww1.htm .
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.
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dirigere le armate contrapposte è www.grdgames.com/great_war/gratwar_home.htm
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www.historial.org è un sito francese, con
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nato dalla collaborazione tra Kcet, BBC ed Imperial War Museum di Londra.
Naturalmente, da molti di questi siti potete partire
per esplorare una serie impressionante di links; armatevi di curiosità
e di pazienza, perché sulla Grande Guerra c'è davvero di
che sbizzarrirsi sulla rete.
Buona navigazione!
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