VERSO LA GRANDE GUERRA
Riportiamo la parte principale dell'inserto uscito su AREA
N. 46, APRILE 2000, completo di bibliografia tradizionale e di "sitografia".
Gli inserti, a cura dello storico Marco Cimmino, fanno parte di
una serie pubblicata mensilmente su AREA, per fornire uno strumento di
aggiornamento sul '900 per le scuole dell'obbligo. L'inserto
originale, pubblicato su AREA, è completo di ricca iconografia,
apparato didattico compresi test di autovalutazione con soluzioni, suggerimenti
di temi da svolgere, etc.
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VERSO LA GRANDE GUERRA
Quando si parla delle cause, più o meno remote,
dello scoppio della Grande Guerra, per solito si segue una specie di palinsesto:
c'era un paese, la Germania, che voleva forsennatamente farsi largo nel
mondo, e c'erano degli staterelli, piccoli ma cattivissimi, che litigavano
continuamente nei Balcani: la Serbia, la Bulgaria, la Bosnia…
Ad un certo punto si contrapposero le manie imperialistiche
pangermaniche, il revanscismo francese e le manie di grandezza panslaviste:
di qui nacque il parapiglia, più o meno.
Come vedremo, tutto questo è vero: solo che,
se vogliamo capire qualcosa delle vere ragioni che portarono decine di
milioni di uomini a scannarsi per quasi cinque anni, questo è un
po'pochino come punto di partenza.
D'altra parte, nei libri di storia, di solito, non
si trova molto più di quello che ho scritto all'inizio.
Tanto per non sembrare di parte, solitamente si
fa qualche cenno al fatto che i domini coloniali delle potenze europee
creavano qualche problema di diplomazia internazionale, dopodichè,
si arriva a Serajevo in un battibaleno.
Cerchiamo, invece, di farci un'idea di che genere
di situazione c'era, nel mondo, o, almeno, in quel mondo che comandava
i giochi, all'alba del primo conflitto mondiale, e ci renderemo subito
conto che l'atmosfera non era idillica nemmeno un po'.
Tanto per cominciare, i democraticissimi Stati Uniti,
di cui, solitamente si comincia a parlare solo a proposito della loro entrata
in guerra, nel 1917, dopo il feroce affondamento del transatlantico
Lusitania (erano stati duramente provocati, poverini: il fatto che il Lusitania,
oltre che passeggeri trasportasse armi illegalmente è solo un dettaglio!),
si dilettavano, nei primi anni del '900, ad applicare alla lettera e con
criteri ampiamente estensivi il dettato della “dottrina Monroe”, ossia
intendevano loro questione personale tutto ciò che accadeva nel
continente americano e nel Pacifico.
Ad esempio, nel 1891, essi intervennero militarmente
in Cile, in seguito ad un'insurrezione dei grandi proprietari terrieri,
oppure non esitarono a dichiarare guerra alla Spagna, dopo che la corazzata
Maine era esplosa (pare che gli Americani adorino dichiarare guerre dopo
che qualche nave gli salta in aria!) nel porto di L'Avana dove aveva attraccato
senza permesso (1898); questa guerra fruttò agli USA l'annessione
di Guam, Portorico, delle Filippine e delle Hawaii.
Non si trattava di colonialismo, semplicemente perché
le annessioni non vennero catalogate come colonie; la sostanza, tuttavia,
non cambiava, e gli Usa ingrassavano a vista d'occhio, pur mantenendosi
una facciata da patria della democrazia.
Se Atene piange, Sparta non ride, dicevano gli antichi.
Mentre gli americani impiantavano il loro modello
di repubblica delle banane qua e là per il mondo, l'Inghilterra,
la madre del liberalismo e dei diritti umani, oltre a godersi da un bel
po' i frutti del proprio espansionismo nell'Asia sudorientale ed in Africa,
aveva messo gli occhi sul più importante bacino diamantifero ed
aurifero della terra: il Transvaal; il particolare che questo territorio
fosse occupato dalla popolazione boera, di origine olandese (ma gabellata
per tedesca tout court dalla propaganda anglosassone), non fu che un fattore
insignificante agli occhi di John Bull: scoppiò così la guerra
anglo-boera (1899), in cui si sarebbe distinto quel pacioso forgiatore
di giovani di carattere che risponde al nome di lord Baden-Powell, l'inventore
dei Giovani Esploratori.
Già da un anno, il premier inglese, lord
Kitchener, aveva rotto lo “splendido isolamento” albionico, tanto che le
sue truppe, a Fascioda (1898), erano state ad un pelo dal far scoppiare
una guerra con la Francia, che, zitta zitta, si stava espandendo nell'alto
Nilo, zona da sempre d'interesse britannico.
Ora , però, una guerra era scoppiata davvero;
e gli Inglesi, che si erano fatti le ossa in Africa nelle guerre contro
gli Zulu, ce la misero tutta per vincerla; tanto che, dopo aver subito
una serie di batoste dal piccolo ma agguerritissimo esercito boero, comandato
da bravi generali (Smuts, Botha, Hertzog), i britannici non esitarono a
deportare e chiudere in campi di concentramento la popolazione civile,
inaugurando una tradizione che, di lì a qualche decennio sarebbe
divenuta prassi comune dei belligeranti.
Alla fine, lo strapotere inglese non poteva non
prevalere, e, infatti, nell'ottobre del 1902, la guerra si concluse con
la pace di Veereniging, in cui, paghi delle conquiste geografiche, i sudditi
di Sua Maestà concessero ai Boeri larghe autonomie e l'uso della
loro lingua (l'Afrikaans), limitandosi a mettere le mani sulle miniere.
Possiamo dire, comunque, che gli anni a cavallo
tra il XIX ed il XX secolo, furono, senza dubbio, anni in cui l'Europa
stava dando fondo alla sua politica coloniale, approfittando, spesso, di
episodi di insofferenza verso occupazioni più o meno ufficiali da
parte delle popolazioni indigene, per intervenire con le armi e creare
possedimenti coloniali veri e propri.
Anche qui l'Inghilterra aveva indicato la strada,
in India, dopo l'insurrezione del 1857, con l'annessione del subcontinente
alla corona britannica.
Il copione si ripetè in Cina, dove, nel marzo
del 1900, gli aderenti ad una setta nazionalista, gli Yihequan (più
noti come Boxers, per via del loro pugilato rituale), stanchi delle ingerenze
europee sul paese, assaltarono il quartiere delle legazioni straniere a
Pechino, uccisero l'ambasciatore tedesco Von Ketteler e molti cristiani,
ponendo, infine, l'assedio agli edifici che ospitavano gli stranieri.
Dopo 55 giorni, un contingente di quasi 20.000 soldati
tedeschi, italiani, giapponesi, russi, americani, inglesi, francesi ed
austriaci, venne a liberare gli europei assediati, seminando il terrore
ed operando terribili rappresaglie, nel corso di un vero e proprio saccheggio
di Pechino.
L'imperatrice cinese, con tutta la sua variopinta
corte, dopo aver dichiarato guerra praticamente al mondo intero, tagliò
la corda, lasciando in braghe di tela i suoi soldati, che, infatti, furono
pesantemente sconfitti dalla task force multinazionale.
Ancora più pesanti furono, tuttavia, le riparazioni
che la Cina dovette pagare, e che di fatto causarono la fine del Celeste
Impero, senza contare la smilitarizzazione del paese, che rimase sotto
il controllo occidentale; esclusa la Manciuria, che i Russi si erano annessa
direttamente.
Qualcuno forse noterà alcune sorprendenti
analogie con altri fatti storici più recenti, con forze multinazionalcoloniali
che fanno le birichine, e re che scappano lasciando l'esercito nelle peste:
così va la storia, e non si può dare un'anima a chi non ce
l'ha!
Il risultato della rivolta dei boxers fu la “politica
della porta aperta” e, di fatto, la colonizzazione occidentale degli sterminati
territori cinesi.
Ma, da quelle parti, il peggio doveva ancora venire.
Proprio la Manciuria divenne oggetto di contenzioso
tra il Giappone e la Russia e rappresentò la causa principale del
conflitto russo-giapponese, che fu, almeno per quel che riguarda la tecnologia
militare, il vero prologo alla Grande Guerra, con trincee, filo spinato
e mitragliatrici.
Così, mentre Francia ed Inghilterra stringevano
tra loro un'alleanza nota come “entente cordiale”(1904), con la volontà
di contrapporla alla Triplice Alleanza (1881-82) sottoscritta da Germania,
Austria ed Italia, i rapporti tra lo Zar ed il Mikado si fecero tutt'altro
che cordiali.
Fin dall'inizio, con la battaglia di Liao Yang (agosto
1904) ai Russi questa guerra non girò per il verso giusto: è
pericoloso sottovalutare l'avversario, e gli orgogliosi generali zaristi
non potevano credere che una popolazione che consideravano appartenere
ad una razza inferiore potesse davvero dare del filo da torcere ad una
grande potenza europea.
Purtroppo per loro, il Giappone aveva un potenziale
bellico moderno ed imponente, truppe ben addestrate e cannoni di recente
concezione: se il valore delle truppe nipponiche si fece vedere nella vittoria
di Mukden (19 febbraio 1905), che, di fatto, diede al Giappone il controllo
della Manciuria, ben maggiore fu lo stupore dei marinai della Flotta del
Baltico, che, tre mesi dopo, a Tsushima, videro le corazze delle Navi di
Linea nipponiche respingere i proiettili dei loro cannoni, caricati a polvere
nera, mentre le cariche ad ecrasite dell'avversario perforavano con facilità
le loro fiancate.
Per una delle molte ironie della storia, furono
gli Usa a fare da mediatori tra le due nazioni, fino a giungere alla pace
di Portsmouth (5.XI.1905) che sancì la fine del conflitto: trentasei
anni dopo, lo scontro fra gli interessi americani e giapponesi nel Pacifico
avrebbe portato gli aerosiluranti del Tenno a colpire Pearl Harbour.
In Russia, intanto, proprio nella fase cruciale
della guerra russo-giapponese, si svolgevano le prove generali del grande
dramma della rivoluzione d'ottobre, con la prima rivoluzione russa (22
gennaio 1905) e la “domenica di sangue”di San Pietroburgo (ad Odessa, in
quei giorni, si ammutinava l'incrociatore Potëmkin), che avrebbe dato
materia filmica a iosa al genio di Eisenstein, ed una grande battuta al
ragionier Ugo Fantozzi.
Allarmato, lo Zar Nicola II si affrettò a
firmare un'alleanza con la Germania guglielmina (accordi di Björkoe
del luglio 1905) e concesse qualche riforma, che si sarebbe rimangiata
di lì a poco, unitamente all'alleanza.
Nel frattempo, però, Guglielmo II aveva altre
gatte da pelare: doveva arginare la penetrazione “pacifica” francese in
Marocco e, per farlo, non esitò a presentarsi come paladino dei
diritti degli indigeni (il sultano di Fes, nella fattispecie), riproponendo
l'eterno giochetto dei lupi che, quando fa loro comodo, si travestono da
agnelli per fregare altri lupi.
E, a proposito di lupi, poco più di un annetto
dopo (1906) gli Inglesi convinsero, alla loro maniera, i ribelli Maji-Maji
del Tanganica a tornare buoni buoni sotto le ali di Sua Maestà,
accoppandone, ad ogni buon conto, 70.000, negretto più negretto
meno.
La repressione di ogni tentativo (definito “criminale”)
di rivendicare la propria indipendenza da parte di popolazioni sottomesse
all'Impero, venne, nel 1908, sancita addirittura da una legge del democraticissimo
parlamento britannico (la Criminal law amendement act).
Solo che, sul piano internazionale, gli Inglesi
erano gli angeli ed i Tedeschi erano le carogne, per pura antonomasia;
così, nella conferenza tenutasi ad Algeciras proprio mentre le giubbe
rosse facevano piazza pulita in Tanganica, si discusse solo della crisi
marocchina, sancendo, di fatto, l'isolamento della Germania.
E, ad isolare la Germania, si sa che non c'è
mai molto da guadagnare, in termini di conservazione della pace nel mondo.
Atto finale di questa manovra d'isolamento fu la
firma da parte della Russia di un accordo con Francia ed Inghilterra che
prese il nome di Triplice Intesa (31.VIII.1907), il cui primo atto di una
qualche importanza fu la spartizione tra le tre potenze della Persia: tanto
per far capire con chi si aveva a che fare!
Quando, nel 1911, i Francesi conquistarono Fes e
gli Spagnoli si presero il nordest del Marocco, la Germania non esitò
a mandare la cannoniera Panther davanti al porto di Agadir; episodio che
viene, normalmente, indicato come uno dei motivi di riarmo internazionale
che portarono allo scoppio della prima guerra mondiale: il che è
verissimo, ma bisogna pure spiegare che un simile atto di forza aveva,
come abbiamo visto, radici ben più profonde.
Sia come sia, la Germania negli accordi franco-tedeschi
del novembre del 1911, fu consolata dal possesso di Camerun e Togo, mentre
Francia e Spagna si spartirono il paese nordafricano.
Della guerra italo-turca del 1911-12 abbiamo già
detto nel modulo precedente, qui basterà aggiungere che non favorì
certamente il processo di distensione, in un ambiente che, come si è
visto, era tutto un susseguirsi di guerre coloniali, alleanze per l'egemonia
ed appropriazioni indebite.
Per tornare in Europa, nell'ottobre del 1908
avvenne un fatto che avrebbe avuto forti ripercussioni sugli equilibri
europei, ed un suo peso nel precipitare degli eventi verso lo scoppio
della Grande Guerra: la Bulgaria si rese indipendente dall'impero asburgico,
e, per reazione, nonostante le rimostranze dello Zar, l'Austria inglobò
la Bosnia-Erzegovina; a questo punto, a qualcuno cominceranno a fischiare
le orecchie, dal momento che Serajevo è proprio da quelle parti.
Anche in Serbia la situazione era tutt'altro che
tranquilla: dal 1903, a Belgrado regnava il filorusso (o, per meglio dire,
antiasburgico) Peter I Karadjordjevic, che aveva preso il posto della dinastia
regnante degli Obrenovic, sterminata nella notte dell'11 giugno 1903, perché
accusata di favorire gli Absburgo: è superfluo ricordare che Gavrilo
Princip, colui che sparò a Francesco Ferdinando e consorte, veniva
dalla Serbia e faceva parte dell'associazione ipernazionalista e panslavista
Ujerdinjenje ili Smrt (Unione o Morte).
A questo fiorire di nazionalismi, o, meglio, di
razzismi esasperati, si deve aggiungere la grande frattura trasversale
del razzismo antisemita, che attraversava tutto il continente: si pensi
al caso Dreyfus, scoppiato nel 1894 in Francia, che divise il paese ben
oltre la riabilitazione del capitano ebreo, avvenuta nel 1906, o ai pogrom
russi del 1903, e si capirà che crudeltà e violenza non stavano
soltanto dalla parte degli Imperi Centrali, ma erano una caratteristica
comune di un'epoca di grandi ingiustizie e di grandi tragedie, che, spesso,
la storia ha dimenticato, o ha voluto dimenticare.
Dobbiamo, a questo punto, parlare della Turchia.
L'impero ottomano (che, con quello asburgico, suo
complementare speculare, scomparve dopo la prima guerra mondiale) era un
gigante dai piedi di gesso, dal quale si staccavano pezzetti ogni poco:
nel luglio del 1908, un movimento rivoluzionario nato tra gli ufficiali
dell'esercito, i “Giovani Turchi”, aveva deposto l'anticostituzionale sultano
Abdul Amid II, al cui posto era salito sul trono Muhammad IV, e, da allora,
la Sublime Porta non aveva fatto che prendere legnate a destra e a manca.
Cominciarono gli Italiani in Libia, e la cosa è
nota, ma continuarono con ben altra energia, i paesi balcanici, da sempre
sottoposti alla minaccia, se non al dominio dell'impero ottomano: nella
prima guerra balcanica, che durò dall'ottobre del 1912 al maggio
del 1913, Montenegro, Bulgaria, Grecia e Serbia diedero una severa lezione
alle truppe turche; contemporaneamente, l'Albania dichiarò la propria
indipendenza.
Auspice l'Inghilterra (ma pensa tu!), col trattato
di Londra del maggio 1913, la Turchia restò praticamente senza domini
in Europa, mentre si ingrandì la Bulgaria, che non esitò
a dichiarare guerra alla Serbia per sancire la propria egemonia sui Balcani.
A questa, che è nota come seconda guerra
balcanica, parteciparono, in chiave antibulgara, di nuovo Montenegro, Romania,
Grecia e Turchia, fino alla pace di Bucarest, dell'agosto del 1913, che
segnò un nulla di fatto in questa guerra da poveri per il dominio
in quella zona.
Appare evidente che si trattava di un combattere
“tutti contro tutti” in una politica di alleanze e di attacchi dettati
solo dalla convenienza del momento, allo scopo di ottenere un predominio
in una parte d'Europa in cui, venendo a mancare una vera potenza egemone,
si era verificata una vacatio imperii.
Gli effetti di questo vuoto di potere furono, per
molti versi, simili a quelli che abbiamo potuto drammaticamente constatare
nei territori della ex Jugoslavia dopo il crollo del regime comunista federativo,
o nella Russia postcomunista.
Quando un grande impero crolla, tutti i suoi satelliti
lottano tra loro per decidere chi debba ereditarne lo scettro: è
sempre stato così e, probabilmente, sarà sempre così.
Ricapitolando: in Estremo Oriente, dopo la messa
fuori gioco della Russia, la questione era limitata ad Usa e Giappone,
per quel che riguarda le sfere d'interesse; e la resa dei conti non sarebbe
venuta prima di una trentina d'anni.
Le colonie africane davano un bel filo da torcere
alla diplomazia occidentale, che doveva continuamente ricucire gli strappi
causati dalle intemperanze di una Germania che si sentiva sola contro tutti
(e che, anche per questo, sognava la Grossdeutschland) e dalla sottile
politica a ragnatela di Francia ed Inghilterra, che, con la patente di
democrazie al di sopra di ogni sospetto, allungavano gli artigli su mezzo
mondo, massacrando ed imprigionando chiunque si opponesse al loro dominio.
Nei Balcani, gli staterelli passavano il tempo a
farsi la guerra l'un l'altro, tanto per non perdere l'abitudine, e si sviluppava
sempre più il nazionalismo panslavo, che non poteva non vedere nella
Grande Madre Russia il proprio protettore naturale, in chiave antiaustriaca.
A questo bisogna aggiungere che il Kaiser Guglielmo
II era un guerrafondaio, come la maggior parte dei sovrani regnanti d'Europa
(si pensi ai nostri Savoia, che proprio degli Hoenzollern erano grandi
ammiratori; specie Umberto I), idolatrato e imitato dallo stato maggiore
austriaco di Baden e dal generale Conrad, che lo comandava (non dal vecchio
imperatore Franz Josef, che ne aveva viste troppe per credere nella guerra!).
Dall'altra parte del Reno, però, c'era una
Francia che non aveva ancora digerito Sédan e la solenne batosta
del 1870: una Francia militarista e revanscista, accecata da mai sopite
idee di Grandeur, che era stata sull'orlo di un golpe militare al tempo
del maresciallo Mac Mahon, e che non cessava di guardare all'Alsazia e
alla Lorena come terre irredente che dovevano, prima o poi, essere riportate
alla Patria.
Quando, infine, il tricolore sventolò su
quelle due tormentate regioni, la Francia aveva quasi due milioni di abitanti
in meno, e in Europa niente sarebbe stato più lo stesso.
Dal 28 luglio del 1914, la parola sarebbe passata
al cannone.
SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA
Cominciamo dalla guerra anglo-boera, autentica miniera
di schifezze compiute dalle giubbe rosse di Sua Maestà Britannica
e di controschifezze commesse dai guerriglieri di Smuts, Botha ed Hertzog:
il sito del museo sulla guerra angloboera è www.anglo-boer.co.za
, mentre un utile sito sulla storia della simpatica carneficina è
www.geocities.com/Athens/Acropolis/8141/boerwar.html .
Sempre restando in tema di guerre e guerricciole,
un sito interessante sul conflitto russo-giapponese è www.kids.infoplease.com/ce5/CE045130.html
, insieme al divulgativo www.encyclopedia.com/articles/11252.html .
Se qualcuno avesse voglia di occuparsi del colonialismo
tedesco, può recarsi al sito www.public.asu.edu/~hwitbooi/germanempire.htm
oppure può sempre sciropparsi tutti i film girati sul tema del colonialismo:
li trova a www.fordham.edu/halsall/mod/modsbookmovies.html .
Sull'intricato tema della prima e seconda guerra
balcanica, vero prodromo di tanti conflitti a tutti ben noti, segnalo una
serie di siti, tutti piuttosto documentati ed utili: www.campus.northpark.edu/history/WebChron/EastEurope/FirstBalkan.html;oppure
www.server.uofdhigh.k12.mi.us/~ubuchta/prewwi/index.htm .
Per il periodo tra le due guerre balcaniche suggerisco
il documentato www.mtolyoke.edu/acad/intrel/boshtml/bos148.htm , sostituendo,
poi, a boshtml/bos148.htm, feros-pg.htm , si accede ad un interessante
databank per tutti i curiosi di cose balcaniche.
Infine, sulle cause vere o presunte della Grande
Guerra, vi invito a visitare il bel sito www.lib.msu.edu/sowards/balkan/lect15.htm
.
Buona navigazione.
BIBLIOGRAFIA
·
P. Channu, L'America e le Americhe, Dedalo Edizioni
·
P. Corradini, La Cina, Utet
·
A. Erusalimski, Da Bismarck a Hitler, Editori Riuniti
·
L. Kochan, Storia della Russia moderna, Einaudi
·
B.H. Liddell-Hart, La prima guerra mondiale 1914-1918
·
G. Pieropan, 1914-1918 Storia della Grande Guerra sul fronte italiano,
Mursia
·
R. Storry, Storia del Giappone moderno, Sansoni
·
D.Thomson, Storia della Francia moderna, Garzanti
·
G.M. Trevelyan, Storia d'Inghilterra
< L'ETA' GIOLITTIANA ***
LA GRANDE GUERRA (1a PARTE) >
ALL'INDICE DEGLI INSERTI DELLA STORIA DEL '900
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